PALERMO – La Procura di Palermo ha iscritto nel registro degli indagati due persone ritenute gli assassini di Piersanti Mattarella.
Omicidio Mattarella, le indagini
Il presidente della Regione siciliana fu ucciso 45 anni fa, il 6 gennaio del 1980, a Palermo, sotto gli occhi della moglie Irma e dei figli Bernardo e Maria.
Secondo quanto scrive oggi Repubblica, i due indagati sono killer legati a Cosa Nostra. Avrebbero fatto fuoco contro fratello del capo dello Stato Sergio Mattarella. Se così fosse l’omicidio verrebbe ricondotto esclusivamente ad un contesto mafioso, abbandonando la pista del terrorismo nero.
I boss della cupola sono stati condannati come mandanti. I killer sono finora rimasti ignoti. Già da tempo, però, le indagini si sono concentrate su Antonino Madonia, boss ergastolano di Resuttana, arrestato 1989.
La pista nera
Mattarella, la moglie Irma Chiazzese, e i figli Bernardo e Maria stavano andando a messa. Per anni ha tenuto banco la pista nera, mai abbandonata nonostante l’assoluzione di Giusva Fioravanti, killer su cui aveva indagato Giovanni Falcone.
Si è ipotizzato ad un certo punto che la pistola Colt Cobra del delitto Mattarella fosse stata usata anche per uccidere il 23 giugno successivo il giudice romano Mario Amato, che indagava sul terrorismo di estrema destra. La certezza non c’è. Dal punto di vista tecnico non è stato possibile trovare conferme.
Il commando entrò in azione il giorno dell’Epifania davanti all’abitazione del politico. I testimoni parlano di un giovane killer appostato davanti al garage. Il sicario spara quattro colpi. Poi la calibro 38 special si inceppa. Quindi l’assassino si avvicina ad una Fiat 127, un complice gli passa un revolver Smith & Wesson ed esplode altri quattro colpi.
Il killer ha il volto scoperto. Con l’aiuto della vedova di Mattarella viene disegnato un identikit che la donna ritiene somigliante al capo dei Nar, Valerio Fioravanti, nelle foto pubblicate dopo l’arresto.
Vito Ciancimino e Nino Madonia
Erano gli anni del sacco di Palermo. Gli anni in cui don Vito Ciancimino, ex sindaco mafioso, era il personaggio chiave del contesto politico-mafioso in cui sarebbe maturata la decisione di uccidere Mattarella.
Ciancimino è morto nel 2002. Il suo nome ha fatto capolino nelle sentenze per gli omicidi politici (il segretario provinciale della Democrazia cristiana Michele Reina, Piersanti Mattarella, e il segretario regionale del Pci Pio La Torre), ma la sua responsabilità diretta non è stata accertata.
La Corte d’Assise d’appello di Palermo nella sentenza del 1998 sugli omicidi politici commessi anche da Nino Madonia lasciò traccia della somiglianza fisica tra il killer e Giusva Fioravanti.
Di sicuro don Vito era l’interfaccia dei corleonesi. Mattarella, presidente “dalle carte in regola”, rappresentava un ostacolo per chi faceva soldi a palate con gli appalti e le concessioni edilizie che cementificarono Palermo. Potrebbe non essere stato casuale il depistaggio di Ciancimino che indirizzò le indagini verso le Brigate rosse. Proprio come fece per l’omicidio di La Torre mettendo in giro la teoria che bisognava guardare dentro il partito comunista.
Adesso la Procura di Palermo ha raccolto “nuove rivelazioni, nuovi dati e riscontri che rafforzano il quadro dell’accusa nei confronti dei nuovi indagati” per l’omicidio di Piersanti Mattarella.