PALERMO – Ordinanza di custodia cautelare annullata. Secondo il Tribunale del Riesame, non ci sono i gravi indizi di colpevolezza per contestare il reato di tentata estorsione aggravata a Mario Napoli. Accolto il ricorso dell’avvocato Giovanni Mannino. Napoli resta in carcere perché è coinvolto in un’altra inchiesta per mafia.
L’estorsione è stata ricostruita grazie alla denuncia della vittima, un’imprenditrice edile che stava ristrutturando un palazzo in via La Marmora, a Palermo. La prima volta gli emissari del racket si fecero vivi il 15 dicembre 2022. Un uomo in sella ad un ciclomotore elettrico si avvicinò ad un operaio. “Digli al tuo principale che si cerca l’amico”, disse andando subito via per non farsi vedere in faccia.
Il 9 gennaio 2023 il secondo avvertimento. “Digli al tuo principale che vi guardiamo”, disse l’uomo del racket come riportato nella nuova denuncia presentata alla squadra mobile. Anche questo episodio faceva parte dell’ordinanza di custodia cautelare che le scorse settimane ha colpito il mandamento mafioso di Resuttana.
Secondo l’accusa, l’esecutore della richiesta estorsiva, sarebbe stato Antonino Fontana, su mandato di Carlo Giannusa e Mario Napoli. Il legale di quest’ultimo, l’avvocato Mannino, ha sostenuto che non c’è alcuna certezza sul ruolo dell’indagato. Non basta la sola intercettazione in cui Fontana riferiva a Napoli di avere fatto visita ad una serie di imprenditori: “L’altro giorno ci sono andato. Quattro ne ho fatto“. “Ma non viene nessuno”, rispondeva Napoli. “Sì femmina è”, concludeva Fontana riferendosi, quasi certamente, all’imprenditrice.