Palermo, Mimmo Russo “doveva finire in un pozzo”: ma poi fu salvato - Live Sicilia

Palermo, Mimmo Russo “doveva finire in un pozzo”: ma poi fu salvato

Vent'anni di racconti dei collaboratori di giustizia

PALERMO – Vent’anni di rapporti border line con un solo obiettivo: raccogliere voti bussando alla porta dei mafiosi. A tracciare la storia di Mimmo Russo sono stati i pentiti. C’è anche in un episodio inquietante: il politico rischiò di essere ammazzato, ma alla fine fu graziato.

Il primo collaboratore a fare il suo nome fu Baldassarre Ruvolo, che già nel 2001 raccontava che “era vicino alla famiglia nell’88’, ’89, a Mimmo Cucuzza. Non lo so se gli facevano fare qualche cosa però sapevo che era vicino”.

I rapporti erano ancora fumosi, ma già qualche anno dopo, nel 2002, Francesco Lo Nardo, ex reggente della famiglia mafiosa dello Zen, era molto più esplicito: “Più voti ci porti… più piccioli.. mi sono ricordato che Mimmo Russo gli ha dato pure dei buoni di benzina, parecchi buoni di benzina”.

La piccola segreteria

In un crescendo di accuse, nel 2008, Fabio Manno, collaboratore di giustizia del Borgo Vecchio parlava delle cooperative sociali divenute bacino di precari e voti, ma anche ufficio di collocamento di mafiosi e amici dei mafiosi. Lo andò a trovare “in una piccola segreteria” assieme al boss Mimmo Monti: “… lui non c’era ma c’era un’altra persona preposta comunque a raccogliere i nominativi delle persone eventualmente da inserire e gli abbiamo dato il nome e cognome di questa persona… tutto il Borgo dava i voti a Mimmo Russo perché lui prometteva i posti di lavoro ed era accompagnato in questa campagna elettorale da Franco Russo suo cugino (conosciuto con il soprannome Diabolik negli ambienti mafiosi)”.

La festa dello Zen

Borgo Vecchio era casa sua, ma Russo sapeva come muoversi anche in altri quartieri. Allo Zen ad esempio. Salvatore Giordano nel 2010 tirò fuori una scrittura privata, c’era il contratto con due imprese per l’organizzazione di un concerto nel 2008. Servivano 40.000 euro, metà dei soldi sarebbe stata sborsata da Giordano e l’altra metà finanziata con l’interessamento di Russo. La festa fu un successo, tuttavia dopo Russo si sarebbe tirato indietro, protestando perché in quel quartiere nessuno si era speso per procacciargli i voti. Andò meglio qualche anno dopo quando Russo fece pervenire 15.000 euro di contributi pubblici “sempre in cambio di voti”.

“Dobbiamo votare tutti a Mimmo”

Giordano spiegò il modus operandi per il controllo delle preferenze: “Pigliamo i ragazzi e gli diciamo mettiti qua tu… porta i tuoi parenti, i miei parenti i tuoi parenti e gli diamo i voti dobbiamo votare tutti a Mimmo”. Ha poi aggiunto l’episodio inquietante. Quando nel 2008 Mimmo Russo decise di sbattere la porta in faccia ai mafiosi dello Zen, convinto che non lo avessero aiutato a sufficienza, rischiò grosso: “Mimmo Russo è un morto che cammina, io l’ho salvato e lui lo sa… ci doveva morire a casa mia… dentro il pozzo lo dovevamo buttare perché lui mi rovinò pure a me… io l’ho salvato… ho promesso 20.000 posti di lavoro… lo vogliono ammazzare”. Qualche anno dopo, nel 2014, Silvio Guerrera di Tommaso Natale ha riferito che Russo fu riabilitato allo Zen perché avevano avuto “delle pressioni da Francesco D’Alessandro li difendeva… chiamando pure Sandro Diele (mafiosi di San Lorenzo e dello Zen ndr).

Il racconto di Giuseppe Tantillo

Francesco Chiarello di Porta Nuova nel 2011 ha spiegato che Russo faceva lavorare nel suo Caf alcuni detenuti affinché ottenessero l’affidamento in prova: “… gli è arrivato in definitivo e se lo ha preso Mimmo Russo… me lo ha detto Tonino Serenella nel 2013 a Pagliarelli che era vicino ad Alessandro D’Ambrogio”. Secondo Antonino Siragusa del Borgo Vecchio, “l’interlocutore è stato Francesco Paolo Romano fino al 2000 quando lui era capofamiglia del Borgo Vecchio, gli faceva avere dei soldi a seconda di chi è che si doveva portare nelle votazioni, per assessore o al comune o alla Regione”.

Della famiglia del Borgo Vecchio faceva parre pure Giuseppe Tantillo che nel 2016 raccontò che insieme al fratello Domenico “ci siamo andati a volte per raccomandazioni per tenere nel suo ufficio Biagio Seranella, era un Pip, fratello di Tonino Serenella, in quanto mi era stato raccomandato da Alessandro D’Ambrogio”.

La fama di Russo

La sua fama è arrivata anche in provincia. Filippo Bisconti capomafia pentito di Belmonte Mezzagno nel 2019 disse che “praticamente da ogni zona arrivavano con i buoni di benzina, mi pare che l’ho visto nei locali di Enzo Tinnirello e si sono appartati nell’ufficio… consegnavano del denaro prendendo degli impegni politici ben precisi così da racimolare più voti possibili”.


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