Palermo, "mi sono consumato": le parole dell'assassino - Live Sicilia

Palermo, “mi sono consumato”: le parole dell’assassino

Ha sparato a Caravello perché si opponeva alla relazione con sua figlia
IL DELITTO A BRANCACCIO
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PALERMO – “Mi mi sono consumato, sono rovinato”, ha ripetuto più volte nel corso dell’interrogatorio. Alessandro Sammarco ha 20 anni e sa che l’accusa di omicidio segnerà la sua vita.

Ed è un’altra vita, quella di Natale Caravello, 46 anni, che ieri intorno alle 20 ha stroncato con 3 colpi di pistola, a Brancaccio. Sammarco ha confessato davanti al pubblico ministero Gianluca De Leo e al capo della squadra mobile Marco Basile.

“Non voleva che stavo con sua figlia”, ha aggiunto. Una relazione non gradita fra i due ragazzi sarebbe, dunque, il movente del delitto. Anche se il giovane non ha saputo spiegare quali fossero i reali motivi del diniego del padre. Pare che in realtà fosse Sammarco ad insistere per una relazione.

Sammarco lavora nella bottega di famiglia, un piccolo emporio del cuore di Ballarò. Nel suo passato ci sono piccoli precedenti penali. È nipote del boss Giuseppe Bronte.

L’ennesima lite

Il clima si era fatto pesante. Ieri sera l’ennesima lite. Il giovane ha raccontato di avere incontrato casualmente per strada Caravello in via Pasquale Matera. Si sono fermati ed hanno iniziato a discutere animosamente. Ad un certo punto il giovane, così ha riferito, avrebbe avuto paura che l’uomo gli facesse del male e gli ha sparato.

Aveva portato la pistola

Casuale, però, non era il fatto che Sammarco si fosse portato dietro una pistola. Ed è questo uno dei punti su cui si deve fare ancora chiarezza assieme alle ragioni per cui Caravello si opponesse al fidanzamento con sua figlia.

Il ventenne ha estratto la pistola e ha fatto fuoco. La vittima, sposato e papà, non ha avuto scampo. Qualcuno ha chiamato il 112 e sul posto è arrivata una volante del commissariato Brancaccio. Caravello era già senza vita.

Mentre i poliziotti avviavano le prime indagini e sentivano i parenti accorsi sul posto (si faceva già il nome di Sammarco per i contrasti con la vittima) da un’altra parte della città l’assassino si presentava alla caserma Carini in piazza verdi, alle spalle del Teatro Massimo. Era accompagnato dal suo legale, l’avvocato Corrado Sinatra. Poi il trasferimento alla squadra mobile, la confessione e il fermo.


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