PALERMO – “Ricordati che io ti ammazzo se solo dici una parola, inizio da te e finisco con i tuoi figli”, le avrebbe detto puntandole alla tempia una pistola giocattolo ma senza tappo rosso. Fu il momento più drammatico della relazione e l’inizio della liberazione per una donna. Ha capito che la denuncia era l’unica strada percorribile.
L’ex compagno, un sottufficiale dell’Esercito, è stato condannato a due anni di carcere per maltrattamenti in famiglia. Dovrà risarcire la donna, parte civile al processo con l’assistenza dell’avvocato Fabio Vanella. La sentenza è del tribunale presieduto da Stefania Gallì.
L’imputato, 50 anni, era stato accolto dalla donna nella casa dove vive con i figli. Sembrava potesse diventare il perno della nuova famiglia. Ed invece, stando al racconto della vittima, agiva come un dittatore. “Ricordati le quattro regole che devi rispettare perché tu sei la mia succube…. obbedienza, sottomissione, rassegnazione e mutismo”. La umiliava, la offendeva, la picchiava. “Speriamo che ti viene un cancro al cervello così muori… se ancora parli con un colpo ti faccio saltare il cervello... peggio di come ha fatto Parolisi”…”. Il riferimento esplicito è a Salvatore Parolisi, l’ex militare condannato per l’omicidio della moglie Melania Rea.