Palermo, l'altra faccia del pizzo: "Signor Salvo… se lei permette"

Palermo, l’altra faccia del pizzo: “Signor Salvo… se lei permette”

Quando è il commerciante a chiedere l'aiuto del boss

PALERMO – “Ieri non è venuto quello…? Quello che dovrebbe venire per Natale”, chiedeva il rivenditore di materiale edile della zona di Resuttana. Non vedeva l’ora di mettersi in regola, di pagare il pizzo a Sergio Giannusa arrestato a metà luglio scorso con l’accusa di essere tornato a ricoprire il ruolo di capo. E il commerciante lo omaggiava, con forniture gratis: “Signor Salvo… se lei permette questo è un pensiero nostro”.

Sono passati 32 anni dall’omicidio di Libero Grassi e si parla, sempre e comunque, di pizzo in una città malata di mafia. Sono cambiate tante cose, per fortuna. La mafia ha subito colpi su colpi, ma il racket resta endemico. Solo che, rispetto al passato, non si paga solo per paura ma anche per convenienza e connivenza. La mafia si sostituisce allo Stato perché in maniera più efficace dello Stato risolve problemi. E poi ci sono tanti operatori commerciali che pagano per solidarietà perché, specie nelle borgate, sono legati da vincoli di parentela e amicizia con i mafiosi.

C’è però chi il pizzo continua a subirlo nonostante la gente, diceva un esattore del racket, “ha avuto tutti questi problemi… periodo di Natale, Covid, cose…”. La crisi morde e si chiede uno sconto: “Se voialtri ci venite incontro con meno”. Quindi la richiesta del favore perché “a noialtri… non ci fanno entrare più ”nei cantieri con le forniture. Nessun problema, ci pensa il boss: “E noialtri li dobbiamo buttare fuori… però ci deve dare prima i soldi”.

La mafia regola la concorrenza. Il ragazzo del rione Capo si era messo in testa di aprire una barberia non lontano da via Libertà. Qualcuno andò a protestare con Settimo D’Arpa, uno degli arrestati nel blitz della squadra mobile nel rione Resuttana. Chi protestò temeva la concorrenza del “picciuttieddu ru Capu” che “fa gli stessi tagli di capelli”. Un intermediario fece sapere a D’Arpa che il nuovo barbiere era stato autorizzato. “Sei sicuro?”, chiese D’Arpa sorpreso. Era diventata una questione di principio: “Ci vado a parlare direttamente io… gli dico: ho sentito che sei autorizzato qua? Ma chi ti ha autorizzato?”.

La mafia garantisce protezione, “contro i ragazzi dello Zen che ci hanno fatto sfregi”, o contri chi ruba senza autorizzazione. Un ‘do ut des’ malsano che resiste, nonostante gli arresti e l’insegnamento di uomini come Libero Grassi.


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