PALERMO – Si tratterebbe di un caso di “ignoranza inevitabile”. Secondo la difesa, padre Vincenzo Esposito non sapeva che stava facendo videochiamate hard con dei minorenni.
“Neppure nel corso del processo è emerso il contrario. Lo ha detto solo un ragazzino, la cui attendibilità è stata picconata visto che non ha detto la verità neppure sul suo nome di battesimo”, hanno detto gli avvocati Giovanni Di Trapani e Renato Vazzana durante l’arringa difensiva.
Don Vincenzo Esposito è stato condannato in primo grado a cinque anni per prostituzione minorile. Il sacerdote, originario di Caltavuturo, in provincia di Palermo, e parroco a San Feliciano Magione in Umbria, era finito in carcere.
I carabinieri della compagnia di Termini Imerese lo hanno intercettato mentre effettuava delle videochiamate con quattro ragazzini di 16 e 17 anni. In cambio dava loro dei soldi, tramite ricariche telefoniche o Postpay. Piccole cifre fra 10 e 30 euro, utilizzate per mangiare la pizza con gli amici o tagliare i capelli dal barbiere.
“Non li ha mai visto in faccia, non poteva accorgersi che fossero minorenni”, hanno aggiunto i legali.
I familiari dei ragazzini si sono costituiti parte civile al processo con l’assistenza degli avvocati Francesco Paolo Sanfilippo, Giuseppe Canzone e Caterina Intile. A marzo la sentenza della Corte di appello.