PALERMO – Senza l’aiuto di una professoressa lo scandalo alla scuola Giovanni Falcone dello Zen non sarebbe venuto a galla.
“Chiaro, del tutto inequivocabile, composito e imbarazzante quadro probatorio”. Le parole usate dal giudice per le indagini preliminari, Elisabetta Stampacchia, sono trancianti. Così come il contenuto delle intercettazioni telefoniche e le immagini delle telecamere piazzate dai carabinieri all’interno della scuola “Giovanni Falcone” allo Zen.
L’inchiesta
Rappresentano l’ossatura dell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato agli arresti domiciliari la preside della scuola “Giovanni Falcone”, Daniela Lo Verde, il suo vice Daniele Agosta, e la dipendente di un negozio di elettronica, Alessandra Conigliaro.
L’inchiesta è partita dalla denuncia, presentata il 2 febbraio scorso, da una ex insegnante dell’Istituto Falcone oggi all’Ipssar Francesco Paolo Cascino. La donna ha descritto “una realtà torbida e una gestione se non altro dispotica della cosa pubblica da parte della preside, incontrastabile salvo il pericolo di ritorsioni”.
È stata la professoressa a raccontare che alcuni progetti, sempre approvati all’unanimità e finanziati con fondi europei, non erano attuati in maniera completa. Era prassi fra i docenti raccogliere ex post le firme degli alunni sui fogli di presenza. I progetti erano disertati dai ragazzi, soprattutto quelli pomeridiani. I docenti venivano convocati per mettere a posto le pratiche, inserendo le firme necessarie. Senza le carte in regola non sarebbero arrivati i contributi europei compresi i soldi destinati al corpo docente.
I progetti “fantasma”
Un’altra insegnante ha poi confermato le parole della collega. C’erano altri progetti in corso e dunque sono state piazzate le le telecamere e le microspie. Il capitolo sulla gestione dei progetti formativi “fantasma” resta aperto. Finora la Procura europea non aveva potuto acquisire tutti i documenti necessari perché andava mantenuto il riserbo sull’indagine. Anche su questo fronte sono state acquisite delle intercettazioni.
Il 15 giugno 2022 la preside dava indicazioni alla figlia mentre si trovavano all’interno dell’ufficio di presidenza della scuola, dove erano sistemati i generi alimentari destinati alla mensa scolastica: “… questo me lo voglio portare a casa, questi me li voglio portare a casa… il riso lo metti lì davanti alla cassettiera… questa cosa di origano mettila pure per casa… un paio di barattoli per casa e gli altri in cucina quelle mettili in un sacchetto… quello non si può scendere… poi lo portiamo a casa Sferracavallo”.
La mensa
Il 24 giugno 2022 ad anno scolastico ormai terminato e 4 giorni dopo la chiusura di tutti i progetti, una ditta di trasporti ha consegnato una grossa quantità di alimenti e vettovagliamento prima scaricato davanti all’ufficio di presidenza e poi subito riposto all’interno della stanza della preside. Che spiegava la differenza fra un fornitore e la catena di grande distribuzione che aveva appena consegnato la merce e a cui non si poteva “dire facciamo finta che tu mi hai dato tutte cose… il resto delle cose lo prendo a settembre mi spiego? Il progetto è finito quindi la mensa è finita io ce le devo avere dentro le cose capito”.
Nei giorni successivi la donna è stata filmata mentre sceglieva le provviste e riempiva alcuni sacchetti e una scatola, poi riposti nella sua macchina. I carabinieri l’hanno pedinata sino a casa: “Amore io ho diversi sacchetti, che fa ti secca scendere?”, diceva alla figlia chiedendo aiuto.
A volte è stata registrata insieme al vicepreside mentre prelevavano mascherine anticovid e igienizzanti. Fra il 13 e il 15 luglio, in occasione delle festività di Santa Rosalia, sicura che l’istituto fosse deserto, Lo Verde avrebbe approfittato per prelevare una grossa quantità di cibo e bevande: “Queste cose da mangiare portale e mettili fuori… mi secca a scendere l’acqua… come non c’è nessuno… ci sono persone poi la prendiamo l’acqua…”.
La “cassa di Corona”
E parlava anche di una “cassa di Corona”, una marca di birra. Di certo, dicono gli investigatori, i superalcolici nulla hanno a che fare con la mensa scolastica. Da qui l’ipotesi che la preside dirottasse il denaro per gli acquisti dells spesa di casa.
C’è poi il capitolo sulle forniture di apparecchiature elettroniche. Soprattutto tablet e computer. Dopo aver ricevuto la consegna nell’ambito del cosiddetto “Decreto mezzogiorno” sette Macbook e un computer fisso, Lo Verde diceva ad Agosta: “Ma se me lo portasse a casa?”, ricevendo il via libera dal vicepreside “Perché non te lo porti”. Ancora Lo Verde: “… quello blu se me lo portasse a casa… com’è ufficialmente cioè nel senso me lo prendo fino a quando siamo qua… poi si vede… poi si vedrà”.
Altre volte discutevano di alcuni telefonini regalati ai figli. Secondo l’accusa, sarebbe stata la contropartita data da Conigliaro ai due dirigenti scolastici. Un “regalo” in cambio del via libera alle commesse.