PALERMO – Non luogo a procedere perché il fatto non sussiste. La sentenza del giudice per l’udienza preliminare chiude il caso di un professore universitario accusato di avere svolto il doppio lavoro senza l’autorizzazione dell’Ateneo di Palermo.
Per Vincenzo Franzitta, docente della facoltà di Ingegneria, nel 2019 era pure scattato il sequestro preventivo di 63 mila euro voluto dalla Procura. A tanto ammontava la cifra che avrebbe guadagnato più di quanto gli spettasse.
Secondo l’accusa, che non ha retto al vaglio del giudice Simone Alecci, Franzitta docente dal 2002, prima come ricercatore e poi come professore associato, in regime di tempo pieno, si sarebbe occupato anche dell’organizzazione e delle relazioni esterne dell’impresa della moglie.
Franzitta non avrebbe mai comunicato all’Università di Palermo il suo doppio ruolo. La ratio della norma che lo vieta consiste nell’esigenza di tutelare “l’imparzialità ed il buon andamento della pubblica amministrazione che risulterebbero turbato dall’espletamento da parte di propri dipendenti di attività imprenditoriali o professionali. Centri di interesse alternativi all’ufficio pubblico rivestito, implicanti un’attività caratterizzata da intensità, continuità e professionalità, potrebbero attenuare infatti l’indipendenza e autonomia del dipendente pubblico, nonché il prestigio della pubblica amministrazione”.
Il legale della difesa, l’avvocato Carlo Emma, ha prodotto una copiosa documentazione da cui è emerso innanzitutto che il professore non ha sottratto tempo al suo lavoro all’Università dove ha svolto più ore di quante previste dal contratto.
Ed ancora che non è rispondente al vero la ricostruzione che gli attribuiva il ruolo di amministratore di fatto della società. Aveva solo svolto delle consulenze peraltro non vietate dalla riforma Gelmini. Qualora avesse chiesto il permesso gli sarebbe stato accordato. Insomma, poteva farle. Da qui la sentenza di proscioglimento.