21 Dicembre 2022, 19:03
2 min di lettura
PALERMO – La truffa ai danni di banche e finanziarie correva lungo la linea telefonica della Regione siciliana, con la complicità di un impiegato comunale. Ci sono anche un ex funzionario del Dipartimento regionale Sviluppo rurale e territoriale e un dipendente dell’ufficio anagrafe fra gli imputati condannati dal giudice per l’udienza preliminare Marco Gaeta. In alcuni casi venivamo falsificati i certificati di residenza per incassare il reddito di cittadinanza.
Lorenzo Motisi, impiegato regionale, è stato condannato a tre anni. Più pesante, 5 anni e 4 mesi, è la pena inflitta a Salvatore Randazzo, in servizio alla delegazione comunale di via della Capinera. Gli altri condannati sono: Antonino Abbate 2 anni, Francesco Corrao 2 anni, Annalisa Fiorentino 2 anni e 10 mesi, Benedetto Matta 2 anni, Vincenzo Ribuffa 2 anni e 10 mesi, Angelo Rosato 2 anni e 4 mesi.
Hanno patteggiato un anno e 10 mesi ciascuno Fortunato Mancino e Salvatore Picciurro.
Assolti Alessandro La Spesa e Calogero Frenna, difesi dagli avvocati Tommaso De Lisi e Jimmy D’Azzò.
Il blitz dei carabinieri della compagnia di Bagheria scattò lo scorso febbraio. Le indagini erano coordinate dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dai sostituti Chiara Capoluongo e Andrea Fusco. I due dipendenti pubblici in cambio di soldi avrebbero dato una mano all’organizzazione per creare false identità e ottenere prestiti per oltre mezzo milione di euro.
I reati contestati a vario titolo erano sono associazione per delinquere finalizzata alle truffe e sostituzione di persona, fabbricazione di documenti falsi, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio ed accesso abusivo ad un sistema informatico.
Il dipendente comunale avrebbe fornito i dati anagrafici (stato civile e numero dei documenti di riconoscimento) di facoltosi professionisti in pensione. Quindi venivano falsificate le carte d’identità per avviare le pratiche di finanziamento con importi compresi tra 12.000 e 80.000 euro. In altri casi grazie alle false identità venivano comprate macchine – soprattutto Jeep e Mercedes – che poi sarebbero state subito rivendute a terze persone.
Una volta confezionata la falsa identità nella domanda per il prestito veniva indicato che la persona che chiedeva i soldi era un dipendente della Regione siciliana. Per rendere più credibile il tutto si aggiungeva il numero di telefono dell’ufficio a cui chiedere informazioni.
Dall’altro capo della cornetta Motisi, in passato indagato per truffa e sospeso, rispondeva e confermava che sì, era tutto vero. L’indagine era partita dal tentativo di raggirare un carabiniere. Volevano vendergli una macchina comprata, mai pagata e intestata ad una persona inesistente. Il militare si accorse della truffa e ha fatto saltare il banco.
“Tieni qua i soldi”, captarono le microspie un pomeriggio del 2020. Grazie alle immagini della videocamera piazzata dai carabinieri della compagnia di Bagheria è stato anche immortalato il passaggio di denaro fra Di Fatta e Randazzo.
Pubblicato il
21 Dicembre 2022, 19:03