Palermo, faccia a faccia fra boss pentiti: "Buffone", "munnizza" - Live Sicilia

Palermo, faccia a faccia fra boss pentiti: “Buffone”, “munnizza”

Scontro in aula. Si parla di summit e potere

PALERMO – Volano insulti. “Buffone”, “munnizza”, “fognatura”. Lo scontro è durissimo. In aula va in scena il faccia a faccia fra Giovanni Ferrante e Gaetano Fontana.

Mafiosi, cugini e aspiranti collaboratori di giustizia. Il primo viene creduto dai pubblici ministeri di Palermo, mentre su Fontana ci sono parecchi dubbi. La Procura non lo ritiene attendibile perché nega di avere fatto parte delle recente Cosa Nostra. Ed invece gli viene attribuito un ruolo superiore allo stesso Ferrante.

I Fontana non chiedevano il permesso

A gestire il confronto è il giudice per l’udienza preliminare Simone Alecci che sta processando in abbreviato boss e gregari del mandamento di Resuttana, di cui la famiglia dell’Acquasanta fa parte. Il gup legge la parte delle dichiarazioni in cui Fontana ha spiegato che la sua famiglia era autonoma sul territorio. Non aveva bisogno di chiedere il permesso a Ferrante che ha detto di essere divenuto reggente nel 2017.

Sul punto Ferrante conferma che “loro hanno delle gestioni, hanno bar, hanno siti delle macchinette, ma questo da sempre però, da quando hanno iniziato con Angelo Fontana, con Giulio Biondo, questa è una cosa antica, diciamo, questo lo hanno imposto sempre loro sul territorio”.

L’appuntamento con il boss di Porta Nuova

Ricorda pure che della gestione delle scommesse si discusse nel corso di un appuntamento con Alessandro D’Ambrogio, capomafia di Porta Nuova e detenuto. L’incontro, datato 2012, riguardava “cento chili di stupefacente, siccome poi ci sono stati dei problemi nei pagamenti” ed era stato convocato dal boss Stefano Fontana, oggi deceduto, zio di Ferrante e papà di Gaetano.

Si videro in una macelleria in via Montalbo. C’era anche “Nino Ciresi”. Era il momento della massima ascesa di D’Ambrogio “perché praticamente allora Alessandro D’Ambrogio gestiva per tutta Palermo” il gioco on line”. Fu allora che, racconta Ferrante, “mi ricordo che mio zio Stefano gli ha risposto che loro erano autonomi e che non volevano a nessuno per quanto riguardava questo, perché se la sbrigavano direttamente loro”.

“Non mi mettevo contro i miei cugini”

Ferrante non si mise di traverso perché “io prima di assumere la reggenza come, diciamo, capo della famiglia dell’Acquasanta, parlando con Sergio Napolitano, anche con Giuseppe Corona, gli ho detto che io contro ai miei cugini non mi ci sarei mai messo, che c’era questa situazione che non l’avevano mai potuta risolvere nessuno, di altri reggenti prima di me, questa cosa proprio dei siti e macchinette, e io gli ho detto che, se noi dovevamo andare contro queste cose, contro i miei cugini, io questa responsabilità non me la sarei presa”. Non aveva “paura”, ma non voleva fare la “guerra”.

“Noi invisi a Cosa Nostra”

Sul punto Fontana, negando il suo recente ruolo mafioso, aveva detto che i membri della sua famiglia “sono invisi a Cosa Nostra da quando non si occupano più di faccende legate alla gestione della famiglia mafiosa”. Sul punto Ferrante la pensa diversamente: “No, non è vero, signor giudice, per quanto riguarda l’Acquasanta no, che non sono ben visti, non erano ben visti a Palermo, ma, diciamo, nel quartiere nostro no… perché la gente li conosce da una vita, la gente ha paura di loro, ha avuto sempre paura di loro”.

Pronti alla terza guerra mondiale”

Per primo lui, nonostante fosse il nuovo reggente, preferì evitare lo scontro “perché scoppiava la terza guerra mondiale”. Era arrivato un messaggio chiaro: “… se qualcuno sarebbe andato oltre proprio nel togliere questi siti, queste macchinette, proprio volevano andare avanti, se la sarebbero dovuti vedere con Gaetano Fontana personalmente”.

Dunque i Fontana, anche dopo il 2017, avrebbero mantenuto una fetta di potere sul territorio. Circostanza che confermerebbe la tesi accusatoria dell’attualità del peso mafioso dei Fontana. Gaetano Fontana al contrario insiste nel negare di avere avuto recenti contatti con Ferrante. “… io in vita mia l’avrò visto tre-quattro volte”, spiega e dal 2017 “non mi sono mai relazionato per quanto riguarda la Cosa Nostra con Giovanni Ferrante. Dal 2017 no, mai, io non sono mai più sceso a Palermo… lo incontrai l’ultima volta nel 2010, forse inizio 2011”.

Il primo scontro

Ed ecco il primo momento di scontro. Ferrante, infatti, ricorda un incontro del 2014 “dove avevate la rivendita di carta, sacchetti, sotto dove c’era il bar Colorado. Ti ricordi che mi hai detto che io
prendevo molto di stipendio al Cantiere Navale
, che mi dovevano dare, al posto di 2500, 1500 euro?”.

“No lo ricordo nel 2010 o 2011 – lo attacca Fontana – anche perché gennaio-febbraio 2014 non esisteva più la Joypack in via Ammiraglio Rizzo 41, perché al 31 dicembre 2013 era già andata, credo, in liquidazione, non esisteva più la Joypack, perché già avevo intrapreso… già avevo intrapreso io il fattore caffè”.

“I bambini si devono fare i bambini”

Ferrante sfida la memoria del cugino: “… te lo ricordi quando mi hai detto il fatto dei bambini,
che te li facevi con le patate? Sempre quel giorno”
. Fontana si scalda: “… non l’ho mai detto quello che tu continui a dire… i bambini sono bambini, i bambini si devono fare i bambini, non posso mai aver detto una cosa del genere… fu circa nel 2011, che tua mamma, che la incontrai per caso a tua mamma con tuo papà che stavano facendo la spesa in un supermercato in via Don Orione,… e mi ricordo che tua mamma mi disse a me… che tu ci facevi fare abbili… che praticamente avevi il vizio di andarti a giocare i soldi all’ippica in questa agenzia che c’era in via Don Orione e che, praticamente, dice che non gli portavi neanche la spesa a casa, gli andavi a prendere un sacco di patate al mercato ortofrutticolo, glielo portavi e mi diceva che avevi tre bambini, tra cui ne avevi uno o due che le patate gli facevano male perché erano ad alto indice glicemico.. che è successo che io ti dissi a te ‘ma perché non te ne vai a lavorare, anziché andare a giocare ai cavalli, fare questo, fare quello?… altrimenti, per come mio padre ti ha fatto, ti ha impostato, che ti ha fatto prendere il posto di lavoro, vedi ca ci staiu tre minuti a dirici a Roberto Giuffrida ca ti ni manna”. Giuffrida era il responsabile della cooperativa attraverso cui i Fontana controllavano le commesse all’interno del cantiere navale.

“Buffone… fai la persona seria”

Adesso tocca a Ferrante scaldarsi: “… ora tu stai girando, stai girando tutte ste cose, dico, ma quannu a finisci ri fari u buffone? Ma fai la persona seria, avevi deciso di collaborare… dico, se non vuole collaborare, che almeno dicesse la verità, questo, tutto qua”.

Fontana dice di non avere saputo che il cugino fosse divenuto reggente: “No, la reggenza no, perché io non l’ho saputo, questo… significa avere un ruolo non indifferente, per quello che io, diciamo, ne sappia, per quel poco che io ne sappia. Che lui abbia assunto la reggenza e che fosse lui il capo della famiglia dell’Acquasanta io questo, diciamo, non ho saputo questo io. Ho saputo che c’era stato Napolitano Sergio che l’aveva cercato perché mi voleva parlare… il signor Ferrante allora gli poteva dire anche al signor Sergio, dico, non gliel’ha detto ma gli poteva anche dire: ma guarda che io non ho nessun tipo di rapporto con Gaetano Fontana, come faccio io a fissarti l’appuntamento con Gaetano Fontana? Mentre questo il signor Ferrante non l’ha fatto”.

“Mi vergognavo di lui”

All’epoca si era già consumata la frattura con Fontana perché se ne andava “in giro e si spacciava come se lui camminasse nel rione per conto dei Fontana, si è fatto sempre scudo per conto dei Fontana, motivo per cui io ho sempre detto fin dall’inizio ‘guardate che Giovanni Ferrante è un cane sciolto, non cammina a nome dei Fontana, non ha mai camminato a nome dei Fontana’ e sinceramente mi sarei vergognato, dico, e se avevo un bisogno non mettevo a Giovanni Ferrante a camminare per conto mio o per conto di mio padre, che sia chiaro, Giovanni Ferrante è stato soltanto impostato, lavorativamente parlando, dentro il Cantiere navale perché mio papà ha avuto la possibilità di fargli prendere un posto di lavoro all’interno della Spavesana, tramite Giuffrida, tutto qua. Il Ferrante non si è mai adoperato per quanto riguarda nessun componente della famiglia Fontana… io so che al Ferrante Giovanni se lo avvicinano queste persone di Resuttana, in particolar modo soltanto il Napolitano, perché soltanto il Napolitano se lo avvicina, solo per fargli commettere dei danneggiamenti, dei danneggiamenti sia nel territorio di Resuttana, sia nel territorio Acquasanta”.

“Non ho mai fatto il nome dei Fontana”

Ferrante, a detta del cugino, si era fatto una pessima fama. Ad esempio non pagava l’affitto ad alcuni parenti dei Galatolo che gli avevano affittato un locale per un’agenzia di scommesse in via Montalbo.

Fontana non ci sta: “… dal 2013, da quando noi abbiamo avuto questa rottura totale, io non ho mai
fatto il nome dei Fontana per andare avanti, io andavo, camminavo con la mia faccia e con il mio nome, perché sono io che mi vergognavo a fare il loro nome, capisce? Poi un’altra cosa, signor Giudice: il signor Fontana, nel dicembre 2019, era lui, Gaetano Fontana e suo fratello Angelo Fontana, si sono incontrati nel bar di fronte casa mia con Raffaele Galatolo e il figlio di Raffaele Galatolo e, se non mi sbaglio, c’era anche la moglie di Raffaele Galatolo, e hanno pranzato dentro questo bar… ci sono andato con una calibro 765 senza fare sapere niente a nessuno, né a mio padre, né a Giulio Biondo, né a Lino, non sapeva niente nessuno, perché… questo fu sempre nel dicembre, dicembre 2019… perché io già avevo perso la testa, io già lo avevo fatto sapere, lo sapeva Giulio Biondo, lo sapeva Lino Sciacca, lo sapeva anche
mio padre che io a Raffaele Galatolo da lì a poco lo avrei ucciso e c’ero andato con questa prospettiva, dissi appena si animano le discussioni ammazzo a tutti chiddi ca c’erano dà rintra, tant’è vero che qui c’è suo cugino Giovanni Mamone. E lo può confermare suo cugino e io ero pronto, signor Giudice, ero messo così, con le braccia conserte, perché appena lui faceva un minimo movimento io l’ammazzavo, ha capito? Però tutto questo lo ha armato questo signore che sembra un santo, che è messo lì. Tutto qua, signor Giudice, per me possiamo andare avanti”.

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