Palermo, scontro fra pentiti: pizzo, omicidi, la pistola del prete - Live Sicilia

Lo scontro fra pentiti: pizzo, omicidi e la pistola del prete

Alta tensione fra Giovanni Ferrante e Gaetano Fontana

PALERMO – Il confronto fra Giovanni Ferrante e Gaetano Fontana diventa uno scontro in aula. Volano gli insulti: “Buffone”, “munnizza”. Di seguito il resoconto della seconda puntata che dedichiamo al faccia a faccia fra un collaboratore ritenuto credibile e uno giudicato inattendibile dall’accusa. Non mancano i colpi di scena.

“I miei fratelli non c’entrano niente”

Fontana nega il ruolo della sua famiglia nella gestione delle agenzie di scommesse: “… io parlo principalmente per me e per mio padre, i miei fratelli non c’entrano niente in tutte queste, diciamo, non hanno mai fatto parte di Cosa Nostra, per quanto riguarda il calcio scommesse non abbiamo mai avuto, ma mai, mai, mai, interessi in nessun tipo di scommesse. Per quanto riguarda le macchinette, c’è stata, ma un paio di macchinette, io ricordo pure addirittura le postazioni dov’è che erano messe, anche perché, dico, non è che… il signor Ferrante può dire che la luna spunta a mezzogiorno, dico, ci sono i contratti, ci sono i negozi, gli esercenti dov’è che a tutt’oggi le macchinette ce le hanno e c’hanno i contratti da tempi remoti a quest’oggi, quindi, dico, non è che è una cosa che dico io o la dice il signor Ferrante, si e no erano quattro o cinque macchinette al massimo che mio padre gli ha lasciato a mio fratello Giovanni e gliele gestiva… e gliele gestiva Giulio Biondo”.

Scontro sul pizzo

Altro punto di scontro: i soldi del pizzo. Fontana dice che mai Ferrante gli ha consegnato i proventi delle estorsioni. E Ferrante perde le staffe: “Non è vero, è bugiardo, io consegnavo più di 20.000 euro al mese di estorsioni, che andavo a fare io e Giulio Biondo per conto di Gaetano Fontana”.

Sul punto, però, Fontana si contraddice. Il giudice gli fa notare che lui stesso ha messo a verbale che “tradizionalmente la famiglia mafiosa dell’Acquasanta non è, diciamo, dedita a praticare le estorsioni volte al mantenimento dei detenuti, è vero?”. Ora invece racconta delle estorsioni fatte per conto di Gaetano Fontana e ricorda di avere consegnato i soldi “a mia zia Angela Teresi e a Rita Fontana (madre e sorelle di Gaetano Fontana”.

“Doveva uccidere un uomo”

Lo scontro si fa durissimo quando Fontana ricorda al cugino che lo ha accusato di avergli dato mandato, mentre si trovava in carcere, di uccidere “un certo Franco Lo Cicero, vero è, Giovanni, o non è
vero?” “Vero è, vero è”; “Oh, e perché non l’hai ucciso più me lo vuoi dire? Visto che io ti ho mandato a dire di ucciderlo, perché poi tu non l’hai ucciso più? Me lo vuoi dire?”.

Ed ecco la risposta di Ferrante: “No, ma, scusami un minuto, ma mica lo dovevo ammazzare io, io gli sono andato a dire se lui all’indomani mattina era ancora là veniva ucciso, mentre ca to frati Giovanni, la sera che mi ha detto sta cosa, si misi nell’aereo e si ni iu, hai capito?” Fontana lo incalza: “”Come? Tu hai detto che ti sei andato a prendere la pistola da una persona”. Ferrante nega: “Io l’unica volta ca mi misi a pistola ne manu, in sacchietta, fu pi ghiri ammazzari a to zio, a Raffaele”.

“La pistola era un regalo del prete”

Ed invece aveva davvero parlato di una pistola presa in un box. Ferrante lo conferma, spiega che si tratta di un episodio diverso. Si era procurato l’arma per difendersi perché “Franco Lo Cicero poi mandò, diciamo, ha richiesto aiuto e a me mi volevano ammazzare, ca mi stavanu faciennu un agguato a Capaci e io mi sono andato a prendere una pistola dei Fontana, dei Fontana, da un certo Tommaso, che la moglie si chiama Laura… mi sono fatto dare, che era una pistola piccola, tascabile, tre colpi, che Tommaso mi ha detto che era di proprietà di Angelo questa pistola, che gliel’aveva regalata un prete”.

La chiusura di Ferrante ha toni sprezzanti: “Si, ma ora ti zitti però e mi fa parrari, ora attappati a fognatura e mi fa parrari”.


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