C’è grande caos sotto il cielo di Palermo, in vista delle prossime elezioni comunali. Innanzitutto, quanti saranno i candidati? A destra ha fatto capolino Vizzini e altri ne verranno. A sinistra si sono incasinati come sempre. L’Idv correrà probabilmente con Orlando. Il Pd darà fiato alle primarie? Se così non fosse, avremmo un competitor del centrosinistra più terzo polo e Davide Faraone come elemento di rottura. Non male per una città che avrebbe bisogno di un percorso ampio e unitario per tentare di uscire dalla sua crisi.
Non si può fare finta di non ascoltare la campana che batte a morto. Il fallimento del sindaco Cammarata ha una matrice evidente: appartiene al centrodestra. Ma è pur vero che a fallire è stata un’intera classe dirigente. Il consiglio comunale è retrocesso come non mai a cortile improduttivo. Gli imprenditori palermitani hanno goduto della protezione della politica, per poi prendere atto dello sfacelo con una lacrimuccia di coccodrillo a ingentilire le gote. I ricchi di Palermo affermano che non esiste sostegno all’impresa? Sul punto hanno ragione. Ma omettono di riconoscersi come parte integrante di un meccanismo perverso, nonostante le dichiarazioni di verginità della penultima ora. L’opinione pubblica, poi, si è addormentata per risvegliarsi dalla sonnolenza con l’acqua alla gola. Troppo tardi.
Nel travaglio palermitano, non risaltano figure innocenti. I gradi di colpevolezza sono dissimili. Non è lo stesso avere amministrato da cani o essere rimasti a guardare. Tuttavia, adesso, di mani che possano scagliare con sollievo la prima pietra non si avverte nemmeno l’odore. E dunque ci apprestiamo al gioco solito: la tombola del sindaco. Sarà una sfida sportiva e livida nel nome di antiche appartenenze. A occhio e croce manca il progetto. Non c’è l’unità di intenti che sarebbe necessaria per sconfiggere il disastro imminente. Palermo ha già perso.
