PALERMO – E ora la partita delle Regionali si può aprire davvero. Archiviato il voto palermitano, con tutte le sue sentenze, per i partiti adesso si apre un’estate caldissima in vista della sfida dei primi di novembre.
I risultati di domenica hanno offerto un’iniezione di fiducia al centrosinistra. Il “modello Orlando” diventa la speranza del Pd per far dimenticare ai siciliani la poco entusiasmante stagione di Rosario Crocetta. E per agganciare al treno della coalizione quella sinistra radicale che Orlando può portare in dote e che allo scorso giro sostenne un altro candidato rispetto al Pd.
Lo schema, parola d’ordine “civismo”, prevede una candidatura autorevole, che sia collante per una maggioranza larga e che garantisca almeno dal punto di vista dell’immagine discontinuità da Crocetta. L’identikit, è noto, è quello di Piero Grasso. La discesa in campo del presidente del Senato è considerata auspicabile dal segretario del Pd Fausto Raciti ma anche dai soggetti politici alla sinistra del Pd. Nessuno glielo ha ancora chiesto ma prima o poi Renzi dovrebbe rompere gli indugi, con buona pace di Davide Faraone e della sua richiesta di gazebo (dei quali non si sente parlare più).
La mossa di Grasso eviterebbe la conta delle primarie, attrarrebbe Sinistra Italiana, Articolo 1 e il resto della sinistra e permetterebbe alla coalizione un bollino d’oro antimafia rafforzato dal prestigio della carica ricoperta dall’ex magistrato in questo quinquennio e dal lustro della sua storia personale. Certo, mancherebbe al candidato qual si voglia esperienza di governo, ma questo potrebbe persino passare in secondo piano. Al Pd ormai ci sperano in tanti e si confida che lo schema possa riportare in gioco la coalizione contro i 5 Stelle.
E veniamo ai grillini che non sono usciti troppo bene da questa tornata elettorale, in Sicilia come nel resto d’Italia. C’è già chi vorrebbe suonare le campane a morto per il Movimento, forse con troppa fretta. Le regionali saranno un’altra storia e i pentastellati potranno di sicuro dire la loro. Da qui a qualche settimana Grillo incoronerà il candidato presidente. In pole position, è noto, c’è sempre Giancarlo Cancelleri. Altri papabili Giampiero Trizzino, Valentina Zafarana e Francesco Cappello. Le procedure per la selezione del candidato dovrebbero partire a giorni. Ma la tornata di amministrative ha mostrato il tallone d’Achille del Movimento, cioè la sua solitudine, che in un sistema proporzionale con diverse liste può essere fatale. Se tornano in auge le coalizioni, infatti, l’autoisolamento dei grillini può essere un handicap. Ma certo, alle Regionali non ci saranno una ventina di liste come per le Comunali di Palermo e la dispersione del voto sarà minore.
Chi deve ancora capire cosa fare da grande è il centrodestra. L’operazione “Macron” – su cui ha ironizzato Raciti parlando di “Micròn” – di Ferrandelli non ha funzionato un granché. E il peso della componente cuffariana capitanata da Saverio Romano è uscito abbastanza ridimensionato. La palla adesso è in mano a Forza Italia. Che dovrà confrontarsi con Nello Musumeci intenzionato a correre a prescindere dopo l’aborto delle primarie decretato da Miccichè e Romano. L’ex presidente della Provincia di Catania torna a battere sull’unità del centrodestra, ma Miccichè resiste e ieri a Livesicilia ha parlato della questione con toni tutt’altro che concilianti. Lo scisma è dietro l’angolo e non è da escludere che proprio come cinque anni fa il centrodestra arrivi all’appuntamento di novembre con due candidati diversi, pregiudicando le sue speranze di successo. A meno che non si trovi un’intesa su un nome. In ribasso le quotazioni di Roberto Lagalla, viste le azioni in calo dei centristi, e di Gaetano Armao, non gradito a questi ultimi.