Una vera e propria esecuzione di stampo mafioso, ma la vittima, un pasticcere palermitano di 36 anni, Antonino Amato, da alcuni anni residente nel Pesarese, non era collegato in alcun modo alla mafia. Anzi, secondo gli investigatori – indagano i carabinieri – era una persona “normale, quasi anonima”. E’ dunque un giallo lo spietato omicidio del siciliano, freddato dai killer a Sassofeltrio, nel Montefeltro, con due colpi di pistola e poi sgozzato. Il cadavere è stato ritrovato con i piedi legati, e in parte bruciato, perché gli assassini hanno cosparso il corpo di benzina e gli hanno poi dato fuoco. L’agguato questa mattina, intorno alle 5:30. L’uomo, sposato e separato, padre di quattro figli (il quarto, nato nel 2009, avuto dall’attuale compagna), stava raggiungendo il bar pasticceria ‘Gardenia’ a Gabicce, dove lavorava da circa un anno, a bordo della sua Ford ‘Mondeo’.
A una curva, l’auto è stata tamponata da un’altra vettura. Secondo una prima ricostruzione, Amato è stato costretto a scendere, o è sceso di sua spontanea volontà per constatare i danni, e, resosi poi conto di essere finito in una trappola, ha tentato di fuggire. A questo punto sarebbe stato raggiunto dal primo colpo di pistola, una cal. 9, che lo ha ferito a una spalla. Quindi i killer gli avrebbero puntato il coltello alla gola provocandogli due squarci profondi, legato i piedi con una corda e, infine, dato il colpo di grazia con il secondo colpo di pistola, puntando la canna alla nuca. Sul posto sono stati trovati due bossoli cal. 9 x 21. Non è escluso che il fatto di aver stretto la corda intorno alle caviglie (in modo peraltro molto approssimativo) come se volessero incaprettarlo, e di aver dato fuoco al corpo, che però non era carbonizzato, possa essere stato un modo per depistare le indagini, imprimendo all’omicidio il marchio della criminalità organizzata. Nessuna pista, comunque, è esclusa: la crudele esecuzione è in ogni caso opera di criminali esperti. Si scava dunque nella vita nell’uomo e nelle sue abitudini per circoscrivere un possibile movente. Amato era arrivato a Sassofeltrio nel 2002. Prima era stato in Romagna, nel Riminese. Si era separato in modo civile dalla moglie – a cui sono stati affidati i tre figli – e ora conviveva in una casa popolare con una donna di Torre Annunziata, che gli aveva dato un bambino e che a sua volta aveva un figlio da un precedente matrimonio.
Nel periodo in cui si era separato dalla moglie, questa gli aveva lasciato i figli perché potessero finire la scuola. L’uomo aveva così preso una baby sitter, anche lei campana, come la sua futura compagna. In paese Amato si faceva notare poco, non aveva una vita sociale attiva. Nessun precedente serio, a parte l’aver falsificato in passato l’assicurazione dell’auto, e un vizio, il videopoker. E’ anche in questo contesto, quello del gioco d’azzardo, che le indagini sono orientate, ma nessuna ipotesi viene privilegiata. Altro mistero da chiarire, la presenza di una Lancia ‘Thema’ incendiata non distante dal luogo dell’agguato. Sembra che l’auto, rubata alcuni giorni fa, fosse lì da qualche tempo, ma che solo la notte scorsa sia stata data alle fiamme. Non è chiaro, insomma, se sia collegata o meno al delitto. L’inchiesta è affidata al sostituto procuratore di Urbino Simonetta Catani. Domani, alle 11:30, il procuratore Alessandro Cannevale terrà una conferenza stampa in procura. E sempre domani, alle 9, si riunisce in Prefettura il comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, presieduto dal prefetto Attilio Visconti, con l’omicidio al primo punto dell’ordine del giorno, per approfondire il contesto in cui è maturato.