Patrizia Di Dio, pugno di ferro in guanto di velluto - Live Sicilia

Patrizia di Dio: ‘Vi racconto Palermo, le imprese e le donne’

La presidente di Confcommercio Palermo che con la sua “rivoluzione gentile” ha trasformato e innovato l’associazione di categoria

PALERMO – Una mattina di marzo del 2015 Confcommercio Palermo si sveglia attonita per l’arresto del suo presidente, Roberto Helg, colto in flagrante mentre intasca una tangente. Un momento critico superato brillantemente dall’elezione all’unanimità di Patrizia Di Dio, prima donna alla guida dell’associazione di categoria. Coraggiosa, colta ed energica, è impegnata in varie attività sociali e molto conosciuta in città. È infatti imprenditrice di successo del settore tessile, amministratore delegato del brand La Vie en rose, ed è stata a lungo presidente nazionale di Terziario Donna, il gruppo di imprenditrici associate a Confcommercio-Imprese.

La neoeletta conferma subito il suo impegno per la legalità e lancia una serie d’iniziative per le start-up innovative, le donne, i giovani, l’uso di nuove tecnologie per fornire alle imprese servizi immediati anche in rete, offrendo anche assistenza agli imprenditori in difficoltà. Un programma partecipato nel segno di una svolta con il passato, un nuovo metodo di operare che coinvolge le associazioni di categoria.

Presidente Di Dio la sua elezione avviene in un momento delicato, come ricorda quei giorni?

“Numerosi colleghi assumevano un atteggiamento di chiusura perché molto scossi da quanto accaduto. Nonostante tutto però, sapevo che la nostra federazione era sana, autorevole e dinamica, pronta a raccogliere le sfide del futuro e di un nuovo modo di intendere la rappresentanza sindacale. Da donna determinata ho capito che bisognava agire a cuore aperto e petto dilatato, perché come associazione non avevamo nulla da nascondere, così ho subito organizzato una conferenza stampa mettendoci la faccia.

Se non si fosse verificato un fatto così traumatico, probabilmente non avrei raggiunto un ruolo apicale nell’associazione. Spesso si pensa alle donne solo come extrema ratio, la nostra società è ancora intrisa di logiche di gestione del potere e troppo legata al do ut des. La carica di presidente di associazione non è retribuita, richiede tempo, è pervasiva, espone e, in un certo senso, può anche danneggiare, ma resta un ruolo ambito per tessere relazioni, gestire potere, fare lobby. Chiamata a fare interessi specifici che però non sono particolaristici, voglio rappresentare quella parte sommersa e operosa della società, quei valori sani delle aziende del nostro territorio che prevalentemente sono piccole o medie e a conduzione familiare”.

In queste settimane si parla di candidare una donna a sindaco della città di Palermo. Hai mai pensato alla politica?

“Nel momento in cui ho scelto una strada che è quella di Confcommercio mi sono data alla politica de facto. Politica nell’accezione aristotelica della polis e da imprenditrice ho scelto di dedicare l’afflato di senso civico a questa mission integrando quelle che sono le aspirazioni della mia vita: la famiglia e l’azienda con quel senso di servizio sempre più raro che destino all’associazione”.    

Alle attuali incertezze, alla sfiducia diffusa e alla crisi sociale ed economica lei risponde con la forza della democrazia partecipativa, cui fa riferimento nel suo programma di cambiamenti.

“La democrazia partecipativa è quel valore previsto dalla Costituzione, per cui chi governa deve farlo insieme alle parti sociali. Non rappresento un’associazione di quattro amici al bar, bensì la più grande confederazione di categoria in Italia e persino in Europa. Confcommercio Palermo rappresenta infatti 755 mila imprese della quinta città d’Italia, con un grande numero di dipendenti e di Pil prodotto. La legge ci dàuna serie di ruoli che non sono solo quelli identitari del sindacato, ma quelli di portare le nostre aziende ad applicare il nostro contratto seguendo le regole che ci siamo dati”.

Qual è la percentuale di donne nelle aziende?  

“Circa il 30% delle aziende associate a Confcommercio Palermo sono guidate da donne o  hanno rilevanti presenze femminili in tutti i settori che rappresentiamo cioè, commercio, turismo, servizi, libere professioni e terziario avanzato. Proprio per un’affinità maggiore in questo tipo di settori c’è una grande femminilizzazione. Bisogna riconoscere che non ci sono preclusioni nel mondo che rappresentiamo, il commercio è un settore più aperto rispetto ad altri, le donne hanno pari opportunità in quanto il mercato premia il merito, la competenza, il know-how. Il cliente non sceglie in base al genere”.

Le donne sanno fare squadra?

“Certo. Nella mia attività a Terziario Donna ho lavorato molto per affermare questo concetto. Non ci dobbiamo far irretire da chi ci ingabbia rendendoci vittime di noi stesse. Da ‘capa’ del mio gruppo di lavoro ho introdotto nel palazzo della Confederazione la cosiddetta ‘rivoluzione gentile’, per affermare nel nostro sistema – non senza la necessaria autorevolezza – un modello diverso”.

Continuano però a essere ancora troppe le donne che non emergono e non sono valorizzate.

“Lo so bene e aggiungo che piace molto il modello ‘donna sì ma solo se la controlli’. Oggi abbiamo maggiore visibilità grazie alle quote rosa, sono stata in Consiglio Nazionale perché lo statuto prevedeva le quote e se non ci fossero state, probabilmente, non sarei qui. Questa opportunità, ha aperto la strada a tante donne facendo emergere il loro potenziale che è una ricchezza per tutta la società. Un diritto che dovrebbe essere alla base della nostra democrazia perché rappresentiamo il 52% della popolazione. Se in maniera darwiniana, tramite la selezione naturale non riusciamo ad arrivare in cima è perchè viviamo in una società ostativa, esiste quindi un problema che non è solo ‘di genere’, ma del genere umano. Stritolare il potenziale femminile è ingiusto, noi con il nostro lavoro partecipiamo allo sviluppo del Pil mentre ci occupiamo della famiglia, dei figli, degli anziani eppure viviamo ancora un gap salariale”.

Oltre al progetto sul recupero delle botteghe e aziende storiche a Confcommercio Palermo avete creato una nuova associazione, chiamata Confintegra. Di che si tratta?

“Il nostro obiettivo è associare gli imprenditori extracomunitari che svolgono un’attività nella nostra città. Vengono accolti e aiutati a orientarsi meglio tra le maglie della burocrazia per svolgere la loro attività economica nel nostro territorio rispettando le regole. Abbiamo creato un primo nucleo con imprenditori cinesi, una comunità desiderosa di integrarsi a livello sociale nel nostro contesto.”

Confcommercio manda un messaggio chiaro di sostenibilità con il progetto Imprendi green, che vede Palermo città pilota.

“Tra poco partirà il primo progetto al mondo del genere, Imprendi green, che ho ideato quando ero responsabile del settore Ambiente e Sostenibilità. Un progetto che parte da Palermo città pilota, ma sarà operativo in tutte le città italiane. Oggi, comprare on-line oggetti che potrebbero essere acquistati sotto casa è sempre più  comune. Questi nuovi modelli di consumo sono cresciuti con l’emergenza Covid, e ben presto diventeranno consuetudine. Noi sosteniamo invece un’economia di prossimità, che sceglie il negozio di vicinato. Economia a km zero, significa essere responsabili nei confronti del pianeta, perché oltre a essere forte del rapporto diretto e di fiducia tra venditore e cliente, l’economia locale è anche attenta all’impatto ambientale che il trasporto delle merci comporta sulle emissioni di CO2”.

No Vax e saracinesche chiuse. Cosa ne pensa?

“Vedo una involuzione, sto diventando intollerantea questo ipocrita buonismo italiano, stiamo tollerando l’intollerabile. Capisco il confronto e la dialettica ma c’è un limite a tutto: vedo parte della politica strizzare l’occhio per tornaconto ai negazionisti della scienza, e vedo pure una infodemia e molta irresponsabilità da parte di alcuni giornalisti, una mala informazione televisiva, soprattutto quella pubblica che offre ai No vax troppa visibilità”.

Lei da presidente del gruppo Terziario Donna ha presentato un Manifesto che in 18 punti condensa i valori ai quali ispirarsi nell’economia.

“Il filo rosso della mia vita è l’etica, il Manifesto è stato la mia più grande operazione di rappresentanza. Per chi è abituato a una gestione del potere muscolare può sembrare una banalità, eppure con questo documento ho comunicato molto più che in ore di discussioni, convegni e contrapposizioni. Si tratta di una Carta dei valori di vita e d’impresa, come il rispetto degli altri, la bellezza, la legalità, il talento e la meritocrazia, che vanno rimessi al centro in un momento in cui l’Italia sembra aver smarrito molti riferimenti credibili, autorevoli e imprescindibili. C’è un punto che invita a lavorare per il bene collettivo, affermare la differenza tra bene e male, una visione manichea della vita certo, ma d’altronde con il mio cognome…”.

Cosa deve fare la Sicilia per non perdere l’ultimo treno, il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza)?

“Si tratta di una circostanza epocale, un programma di riforme per accedere alle risorse economiche del Next Generation EU. Come sfruttarle al meglio? Muovendosi sempre guidati dai valori dell’etica, della legalità, della sostenibilità, del rispetto dell’ambiente e della responsabilità d’impresa, che sono di fondamentale importanza per la crescita economica e sociale delle aziende e del nostro Paese”.

Ritornando a Palermo le chiedo la sua opinione sulla questione della linea A del tram che dovrebbe attraversare via Roma e via Libertà, fino ad arrivare allo stadio. Un progetto fortemente contestato.

“Purtroppo in tutti questi anni devo denunciare l’assoluta assenza di confronto, non si è mai discusso del tram con l’Amministrazione e il progetto non è mai stato nemmeno illustrato. Un silenzio assordante anche da parte delle forze politiche. Eppure un intervento così importante e impattante riguarda la città e quindi tutti, per cui è necessario che venga attuato nel rispetto delle regole democratiche che prevedono di consultarsi con le parti sociali, di avere un proficuo confronto tra istituzioni e tecnici. Ci avrebbe fatto piacere partecipare con la nostra esperienza d’impresa, così purtroppo non è stato”.

Spesso lei parla di Economia della bellezza. A cosa si riferisce?

“Il concetto di bellezza ben espresso dai greci nell’antichità, kalos kai agathos, il bello è buono e il buono è bello, rappresenta un’inscindibilità di etica e di estetica. Siamo il Belpaese, la bellezza è la caratteristica dell’Italia, intesa non solo come un fatto estetizzante, il bel gusto, il bel vivere, ma riferita a tutto quello che essa sottende quindi cultura, paesaggi, arte, design, moda, enogastronomia. Siamo la super potenza culturale al mondo, ed è un primato legato al prezioso patrimonio immateriale ereditato dai nostri avi. Che abbiamo valorizzato come beni culturali e turismo, ma che è anche artigianato tradizionale, un potenziale intonso che ci potrebbe far fare un salto di qualità. L’Italia non potrà mai fornire il miglior prezzo di mercato in quanto abbiamo il costo del lavoro tra i più alti, rispettiamo i contratti sindacali e le nostre norme sull’ambiente sono tra le più stringenti. Siamo competitivi invece sulla qualità, che viene dalla nostra storia. Siamo un astro per tutti”.


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