Paziente morto a Villa Sofia | Imputazione coatta per un medico - Live Sicilia

Paziente morto a Villa Sofia | Imputazione coatta per un medico

L'ospedale Villa Sofia di Palermo

Il processo riguarda un uomo di 62 anni deceduto dopo essere stato dimesso da Villa Sofia. Gli diagnosticarono dei problemi gastrici perché non si sarebbero accorti di una dissecazione aortica. Dubbi del giudice sulle consulenze dei periti che avevano escluso responsabilità mediche.

PALERMO – Imputazione coatta per un medico e trasmissione degli atti alla Procura per valutare la posizione di due consulenti. Si conclude così l’udienza preliminare sulla morte di Giovanni Maria Carroga, paziente di 62 anni deceduto nel 2010 dopo essere stato dimesso dall’ospedale Villa Sofia. Gli diagnosticarono dei problemi gastrici perché non si sarebbero accorti di una dissecazione aortica.

Il giudice per l’udienza preliminare Fernando Sestito ha disposto che il pubblico ministero, nonostante avesse chiesto per due volte l’archiviazione, formuli l’imputazione di omicidio colposo nei confronti del medico Giovanni Di Marco. Il legale dell’indagato, l’avvocato Fabrizio Biondo, replica sostenendo che il giorno in cui il paziente arrivò al pronto soccorso manifestava una sintomatologia che non era compatibile con una dissecazione aortica. Il vomito che la caratterizzava si era per altro attenuato con l’assunzione di farmaci, circostanza che portava ad escludere la presenza di una patologia grave.

Giovanni Maria Carroga si presentò al pronto soccorso una sera di luglio con forti dolori al torace. Gli accertamenti esclusero l’infarto. Venne dimesso. Si trattava, secondo i sanitari, di problemi gastrici. Una volta a casa sembrava migliorare. Poi, l’aggravamento e la morte per la dissecazione dell’aorta. I familiari presentarono un esposto in Procura con l’assistenza degli avvocati Mauro Barraco e Giampiero Santoro.

Come sempre avviene è stato nominato un perito, il medico legale Antonina Argo. Che concluse la sua relazione scrivendo che nonostante non fosse stato intrapreso il corretto diagnostico, visto che andava eseguita una radiografia al torace, non si poteva parlare di negligenza e imperizia dei sanitari. Il paziente, infatti, non era tornato al pronto soccorso dove gli era stato raccomandato di presentarsi qualora si fosse acuita la sintomatologia. E così arrivò la richiesta di archiviazione a cui si opposero gli avvocati Barraco e Santoro e che venne respinta dal giudice: si doveva indagare ancora.

Fu stilata una seconda consulenza che, però, a detta del giudice non colmava le carenze della prima. Risultato: seconda richiesta di archiviazione respinta. Fu necessaria una terza consulenza, alla quale, oltre alla Argo partecipò anche il chirurgo vascolare Giuseppe Gula. Stavolta si faceva menzione di una radiografia al torace, dimenticata nella precedente consulenza, che non avrebbe, però, fatto emergere neppure il sospetto del problema all’aorta. Si parlava inoltre di un secondo passaggio di Carroga al pronto soccorso dove sarebbe giunto quando non ci sarebbe stato più alcunché da fare.

Alla terza richiesta di archiviazione a cui i legali si sono opposti presentando una perizia di parte. Il medico da loro nominato ha sostenuto che la radiografia al torace in realtà era stata eseguita all’addome, ma che in ogni caso avrebbe mostrato evidenti segni della dissecazione dell’aorta. E poi, non c’era traccia alcuna del secondo accesso al pronto soccorso di Carroga. Da qui la decisione del Gip: imputazione coatta per Di Marco e trasmissione degli atti in Procura per i due consulenti del pm “al fine di valutare l’eventuale rilevanza penale delle loro condotte”.


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