PALERMO – Mentre Teresa Piccione attacca il modello di “partito-contenitore” dell’avversario Davide Faraone, sui territori molti circoli del Pd consumano lo strappo con Roma andando avanti con la celebrazione dei congressi locali. E questo malgrado lo stop arrivato dal Nazareno in attesa della pronuncia della Commissione nazionale di garanzia.
A Catania, ad esempio, si va avanti come se niente fosse. Dopo la convocazione dell’assemblea del circolo Ognina-Picanello, è arrivata quella della sezione Universitaria. Mercoledì si voterà per il rinnovo degli organismi dirigenti di circolo e per il segretario provinciale secondo la tabella di marcia indicata dalla commissione provinciale per il congresso. Giovedì si celebrerà il congresso provinciale. Si tira dritto anche ad Agrigento e provincia, con i circoli mobilitati. Lì il congresso provinciale si farà il 14. Anche nel Trapanese qualcosa si muove. Insomma, ormai il clima di rottura è sempre più diffuso nel partito siciliano.
Intanto, oggi Teresa Piccione ha riservato un’altra stoccata al suo competitor renziano. “Accolgo volentieri le proposte avanzate dall’Associazione Labdem, con cui ho avuto modo di confrontarmi. È sicuramente nostra intenzione continuare ad abitare lo spazio del Partito socialista europeo e sviluppare una politica di obiettivi condivisi con Bruxelles”. Così la candidata alla segreteria regionale. “Considero quello attuale – continua la Piccione – un Congresso rifondativo del Partito democratico, in cui si confrontano due modelli. Quello da noi sostenuto, del partito-comunità che trae linfa dalle culture fondative del Pd: socialista, ambientalista, cattolica democratica; e quello di Renzi e Faraone, del partito-contenitore, che mette insieme tutte le forze di opposizione a Lega e 5 Stelle, in una miscela indistinta. E forse anche un confronto tra chi, come me, comunque vada il congresso, intende restare nel Pd, per ricostruirlo, e chi pensa ad un altro progetto”.
“Credo – prosegue la candidata – che occorra invece rivendicare la propria identità e ricostruire il campo del centrosinistra, di cui il Pd può essere punto di riferimento. Il 2019 sarà anno di duro lavoro, per ricostruire il tessuto connettivo dei circoli sui territori, per aprire un tempo nuovo di ascolto e condivisone, rilanciare la proposta politica insieme agli alleati e portare avanti con forza l’opposizione al governo regionale della Sicilia, immobile e inconcludente, e al governo nazionale, pericoloso e nocivo per tutti gli italiani, per lavorare allo sviluppo della nostra terra”.
Sullo sfondo resta l’incognita sul futuro di Renzi e dei suoi. I retroscena romani insistono sulla possibilità di una fuoriuscita dal partito, tanto più dopo il passo indietro di Marco Minniti che ha lasciato la corrente dell’ex premier priva di un candidato alla segreteria nazionale. In Sicilia, però, i dem renziani non vogliono parlare di questa ipotesi e Faraone ha detto espressamente che se volesse uscire dal Pd certamente non si candiderebbe alla segreteria.
Si attende per i prossimi giorni la decisione della commissione nazionale di garanzia. Non si esclude lo slittamento delle primarie di qualche giorno o la celebrazione di un election day che metta insieme segreteria regionale, provinciali e circoli (gratis, ha proposto Faraone, per promuovere la massima partecipazione possibile ai gazebo). Col piccolo dettaglio che per quella data, diversi circoli e qualche provincia avrà già celebrato il “suo” congresso infischiandosene di Roma.
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