CATANIA – “Pur non essendo certamente un mistero la pendenza processuale che mi riguardava, mi è stata data fiducia da questa amministrazione…”. Riccardo Pellegrino è il primo a prendere la parola in Consiglio comunale, ieri sera. Lo fa all’indomani della condanna in primo grado per corruzione elettorale nell’ambito di un’indagine che riguardava le elezioni regionali del 2017. Lo fa in apertura di una seduta nel corso della quale prende la parola anche il sindaco di Catania Enrico Trantino: “Non confonda la fiducia del Consiglio comunale con la fiducia dell’amministrazione Trantino, consigliere Pellegrino”.
Un botta e risposta a distanza di un’ora, nel rispetto delle procedure del senato cittadino. Il consigliere annuncia che non si dimetterà, il sindaco ribatte che non può certo influire sulle sue scelte, “ma la moglie di Cesare non deve solo essere pura, deve anche apparire pura”. Il primo cittadino non si spoglia delle vesti dell’avvocato: l’articolo 27 della Costituzione, quello che stabilisce l’innocenza fino a sentenza contraria passata in giudicato, è la premessa obbligatoria al suo discorso. “Ritengo di avere una consolidata esperienza di legge e legalità – sottolinea – L’ho praticata“, ricorda, guardando in direzione di Pellegrino.
Il percorso di Pellegrino
Riccardo Pellegrino, esponente di Forza Italia, è per la seconda volta consigliere comunale. Durante il suo primo mandato, tra il 2013 e il 2018, il suo nome era finito all’interno di una relazione della Commissione regionale antimafia dell’epoca, in quegli anni presieduta dall’attuale ministro della Protezione civile Nello Musumeci. Nel documento dell’Ars, poi discusso anche dalla Commissione nazionale antimafia, venivano elencati i nomi dei consiglieri, comunali e di circoscrizione, e dei loro parenti o familiari ritenuti vicini alla criminalità organizzata.
È in quel contesto che emerge allora il nome di Pellegrino: fratello di Gaetano Pellegrino, detto ‘u funciutu, ritenuto esponente del clan dei Carcagnusi e tra i più vicini consiglieri del capomafia Nuccio Mazzei. Da quando il suo nome è emerso in quel contesto, Pellegrino ha dovuto affrontare una difficoltà dopo l’altra. Prima la candidatura fallimentare alle regionali, con Forza Italia, in una lista a sostegno dello stesso Musumeci poi diventato presidente della Regione. E poi una campagna elettorale, da indipendente, per la sindacatura di Catania. Il cui esito negativo ha costretto Pellegrino a un digiuno di cinque anni dalle aule di Palazzo degli elefanti.
La richiesta di dimissioni
In Consiglio, però, è riuscito a tornare alle scorse elezioni. Ottenendo anche la carica, votato dalla maggioranza, di vicepresidente vicario del senato cittadino. Una nomina da cui adesso il Movimento 5 stelle e l’Arci di Catania chiedono a Pellegrino le dimissioni. “Continuerò a svolgere la mia funzione nel pieno rispetto della legalità e dei cittadini“, chiarisce Riccardo Pellegrino, durante un intervento accorato, seguito con attenzione da un’aula silenziosa. E imbarazzata, ammette qualcuno fuori dai microfoni.
“Rinnovo che è un onore l’incarico che mi è stato attribuito – prosegue il forzista – E ringrazio l’amministrazione e tuta la maggioranza perché hanno avuto il coraggio di rendersi testimoni di garantismo e legalità”. Pellegrino, senza nemmeno andare per il sottile, tira in ballo tutta la maggioranza: lui, certo, non si è eletto da solo. “Da buon cristiano e da buon cittadino – dice – ricordo che la nostra legge costituzionale prevede l’innocenza fino al terzo grado di giudizio”.
La condanna in primo grado (“Con pena sospesa, i giornalisti studino cosa vuol dire”, attacca il consigliere rivolgendosi alla stampa) è, insomma, un incidente di percorso. “Attendo infatti con trepidazione le motivazioni della sentenza e sono convinto che alcuni aspetti saranno chiariti in Appello”. Per questi motivi, e per l'”amore”, la “passione” e la “fame di politica”, dice Riccardo Pellegrino, intende restare al suo posto. “Non voglio essere strumentalizzato – conclude – Affido a voi consiglieri la revoca dell’incarico di vicepresidente vicario, qualora fosse necessario”.
La risposta del sindaco Trantino
Le dimissioni gliele chiede Graziano Bonaccorsi (M5s). E gliele chiedono anche, con garbo, gli esponenti del Partito democratico Maurizio Caserta e Damien Bonaccorsi, dopo avere ribadito “la solidarietà personale”. E poi gliele chiede, a testa alta, il sindaco Trantino, in piedi di fronte a tutto il Consiglio comunale e al pubblico, numeroso a Palazzo degli elefanti, che chiedeva risposte sullo sgombero del consultorio e dello studentato occupato di via Gallo (l’altro grande tema della serata consiliare).
“Mi sento autorizzato, visto che lei ha parlato della fiducia della mia amministrazione, a riferire alcuni fatti”, comincia il primo cittadino. “Il sindaco Trantino l’ha chiamata, consigliere Pellegrino, sono certo che lei lo ricorderà, per provare a dissuaderla dalla candidatura alla vicepresidenza del Consiglio – afferma ancora il sindaco – Se proprio devo dirla tutta, durante quella telefonata lei mi aveva garantito che si sarebbe dimesso immediatamente anche nel caso di condanna in primo grado. Le scelte sono sue e io non posso interferire”. Una conclusione lasciata in sospeso. Ma la richiesta di un passo indietro non poteva essere più chiara.