A giugno del 2010 i misilmeresi lo celebravano. Giuseppe Cimò non era solo stato eletto in consiglio comunale: l’esponente centrista, oggi raggiunto da un avviso di garanzia, aveva stracciato la concorrenza, diventando con 424 preferenze il consigliere più votato. Era stato un plebiscito: colui che di lì a poco sarebbe diventato il presidente del consiglio comunale aveva anche superato i consensi raccolti da intere liste, a partire da quella del Pdl, che si era fermata a quota 400. Naturale, dicono oggi a Misilmeri, che l’assemblea cittadina decidesse di affidargli la poltrona più alta del consiglio: così, l’1 luglio, tutti e 20 i consiglieri optarono per lui alla presidenza. L’unanimità. “Non era mai accaduto prima di oggi”, annotò il sito misilmeriblog.it, molto attento alla vita politica cittadina.
L’unità, però, non sarebbe durata. Appena tre mesi dopo le elezioni, il 28 settembre del 2010, l’Udc – la lista nella quale era stato eletto Cimò – si spezzò in due tronconi: da un lato i “cuffariani”, dall’altro i fedelissimi di Pier Ferdinando Casini. Cimò scelse la prima delle due parti: così, a neanche cento giorni dall’elezione alla presidenza del consiglio, Cimò cambiò gruppo, aderendo al Pid. Neanche questa esperienza sarebbe durata: all’inizio di novembre del 2011, infatti, il presidente del consiglio comunale decise di lasciare il partito guidato da Saverio Romano, che fino a tre mesi prima era stato assessore proprio a Misilmeri, per tornare alla casa madre. “Da quel giorno – spiegano dal Pid misilmerese – Cimò passò di fatto all’opposizione. Adesso non c’è nessun legame con lo schieramento del sindaco”. Per un anno, però, era stato in maggioranza. E per un giorno, quell’1 luglio 2010, quella maggioranza è stata del 100%.