"Per non dimenticare Ravensbrück" |Lager per le donne "non conformi” - Live Sicilia

“Per non dimenticare Ravensbrück” |Lager per le donne “non conformi”

Di questo luogo simbolo delle identità negate, da sterminare secondo il folle verbo nazionalsocialista, si parlerà oggi in occasione del giorno della memoria. Un incontro organizzato da Cgil, Udu e Anpi al quale prenderanno parte diverse personalità del mondo accademico, politico e sindacale.

GIORNATA DELLA MEMORIA
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CATANIA – Ravensbrück: il lager per le donne “non conformi”. Il campo di concentramento sorgeva a novanta chilometri da Berlino ed era destinato per lo più alle donne. Qui erano deportate lesbiche, prigioniere politiche, rom, prostitute. In una parola: le “donne non conformi” rispetto alla norma nazista. Di questo luogo simbolo delle identità negate, da sterminare secondo il folle verbo nazionalsocialista, si parlerà oggi in occasione del giorno della memoria. Un incontro organizzato da Cgil, Udu e Anpi al quale prenderanno parte diverse personalità del mondo accademico, politico e sindacale: il professore universitario, Rosario Mangiameli, la presidentessa provinciale dell’Anpi Santina Sconza, il responsabile Anpi Sud Enzo Calò, il segretario generale della Camera del lavoro Giacomo Rota e la segretaria confederale della Cgil Pina Palella.

Analisi dei dati, letture, immagini e coreografie a cura dei ballerini Alessandro Caruso e Roberta D’Amico, faranno da cornice ai lavori finalizzati a raccontare uno spaccato troppo spesso dimenticato della tragedia della deportazione. Tante sono le storie di deportazione, troppo spesso cadute nel dimenticatoio: quella del lager femminile di Ravensbrück è una di queste. “Qui si trovavano categorie di persone invise al regime”, spiega il Professore ordinario di Storia Contemporanea Rosario Mangiameli.

Persone bollate come “antisociali” come le donne lesbiche, la cui identità fu negata anche in sede di persecuzione. “Il problema costituito dai maschi omosessuali era di mettere in discussione l’identità maschile, mentre l’identità femminile, in quanto passiva, non era motivo di interesse per i nazisti: ruotava tutto intorno al maschio conforme”, argomenta Mangiameli.” “Il gay metteva in discussione questo paradigma, la donna lesbica non era importante, ma il comportamento era da reprimere infatti molte donne omosessuali furono internate nei campi”, spiega il docente. Si tratta di una storia in parte rimossa e venuta a galla con non poca fatica, una rimozione collettiva sulla quale fare luce. Soprattutto guardando al presente. “Esistono alcuni elementi di continuità nella cultura omofoba e maschilista, oggi non si allestiscono certo campi di sterminio, ma esistono discriminazioni nei confronti dei non conformi”, chiosa il docente.

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