PALERMO – Giuseppe Faraone torna ad essere un uomo libero. Quattro anni e mezzo dopo il suo arresto.
Ha rischiato di subire una custodia cautelare più lunga della pena che gli è stata inflitta in primo grado. Una “inammissibile e ingiustificata afflizione” contraria ai principi sanciti dalla Corte europea per i diritti dell’uomo, l’hanno definita i giudici della Corte di appello che hanno accolto l’istanza degli avvocati Marina Cassarà e Anthony De Lisi.
Faraone, ex assessore alla Provincia e consigliere comunale, arrestato nel 2015, due anni fa è stato condannato a quattro anni e mezzo di carcere (la richiesta era molto più pesante: nove anni) per tentata estorsione. Eletto nel 2012 nella lista “Amo Palermo”, poi transitato nel gruppo Megafono-Drs, nello stesso anno Faraone tentò la corsa all’Ars nella lista del presidente della Regione, Rosario Crocetta. Fu il primo dei non eletti.
L’inchiesta a suo carico si fondava sulle intercettazioni telefoniche e sulla denuncia di Antonino Arnone, un imprenditore nel settore della segnaletica elettorale, che il politico avrebbe messo in contatto con il boss che pretendeva la messa a posto dell’azienda. “Messa a posto? – rispose accorato Faraone durante l’esame in aula- queste parole mi fanno schifo, non so neanche cosa significhino. Io ho sempre e solo chiesto sostegno elettorale”.
Lo scorso 22 luglio la Corte di appello di Palermo, su richiesta della procura generale, allo scadere dei termini di custodia cautelare, aveva applicato a Faraone il divieto di dimora in città e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Faraone poteva sì lasciare gli arresti domiciliari, ma doveva andare via da Palermo.
Gli avvocati Cassarà e De Lisi hanno presentato una istanza ai giudici di appello, spiegando che l’ex assessore stava trascorrendo un periodo di custodia cautelare superiore alla pena che gli è stata inflitta e che ha già interamente espiato. In pratica se non avesse fatto appello contro la condanna Faraone, che si è sempre proclamato innocente, avrebbe già ampiamente finito di espiare la pena. C’è da dire che l’imputato nel frattempo è stato pure dichiarato invalido al 100%. Da qui la revoca del divieto di dimora e dell’obbligo di presentarsi due volte al giorno alla polizia giudiziaria.