PALERMO- “In Sicilia rischiamo l’effetto Lombardia. I casi di Coronavirus aumentano e hanno caratteristiche che li rendono più subdoli, dunque più pericolosi”.
La voce di Massimo Geraci, primario del pronto soccorso dell’Ospedale Civico di Palermo, è pacata, calma, come sempre. Ma i contenuti trasmettono un allarme che non è isolato, perché condiviso pure dalle altre aree di urgenza cittadine. Discutono i responsabili, scrivono messaggi: sta succedendo qualcosa. Ecco perché quella voce che parla, pacata e calma, esprime un sentimento collettivo.
Dottore Geraci, è preoccupato?
“Sì, lo sono. E lo siamo”.
Perché?
“Perché i casi positivi crescono in modo esponenziale ed è più difficile intercettarli”.
In che senso?
“Non riscontriamo più quei sintomi decisi, quei criteri quasi innegabili che inducevano in sospetto. Il Coronavirus si presenta con modalità diverse, con effetti minori. Poi succede anche che il paziente positivo arrivi in pronto soccorso per un altro motivo e scopriamo il contagio con il tampone”.
Malati paucisintomatici o asintomatici, come si dice da tempo. Vuol dire che il virus è meno violento? Non è una buona notizia?
“No, affatto”
Spieghiamo.
“Intanto, molti sono i giovani e i giovanissimi che sono andati a fare le vacanze all’estero in agosto, che sono stati in circolazione e adesso tornano. In loro il virus si presenta, generalmente ma non sempre, con una virulenza minore. Ma questi ragazzi hanno genitori a casa, hanno nonni, hanno parenti asmatici, hanno amici che presentano un quadro di non perfetta salute. Se si salderà la catena del contagio, tra poco, potremmo avere le terapie intensive nuovamente affollate”.
E poi?
“Il punto che, così, non è più possibile difendere in senso assoluto gli ospedali, e il pronto soccorso, che sono luoghi a rischio, in quanto più fragili. L’intercettazione tardiva rende gli ospedali meno sicuri e rende più complicato tracciare e circoscrivere i focolai. Parliamo di malati, di medici e di operatori che possono essere contagiati e contagiare. Oltretutto, abbiamo a disposizione meno test rapidi che in tre quarti d’ora davano l’esito”.
Qual è il timore?
“Rischiamo un effetto Lombardia. Sono settimane cruciali. Al Civico, negli scorsi quattro mesi, abbiamo intercettato sette pazienti. Gli stessi degli ultimi tre giorni”.