PALERMO – Una bocciatura senza appello del Pnrr e della politica. Massimo Costa, professore ordinario di Scienze economiche, aziendali e statistiche dell’Università di Palermo e studioso di discipline storico-sociali, esamina il Piano di resilienza e accusa i partiti e lo Stato: “L’Italia si avvia a perdere circa il 15% del PIL. La gente è alla fame, e noi che facciamo? Gli prestiamo soldi a usura”. Le responsabilità della Regione, dello Stato, della politica.
Parliamo di PNRR. Che ne pensa di questo strumento ideato per la ripartenza dopo la crisi “pandemica”?
Più che crisi la chiamerei “catastrofe”. L’Italia si avvia a perdere circa il 15% del PIL, qualcosa come 240 miliardi, e tutto questo quando sta per arrivare, anzi è già arrivato, uno shock di materie prime e fonti di energie, dagli effetti imprevedibili. Il “cigno nero” che fa saltare ogni previsione, anche se a qualcuno forse piace tutto ciò, perché sarebbe quella decrescita auspicata “per salvare il pianeta”, felice o infelice che sia. Comunque la risposta è no, non è adeguato. L’Italia avrebbe avuto bisogno di un’iniezione di domanda aggregata nell’ordine almeno di 500 miliardi di euro e tutti in un anno. Qua si sta parlando di 222 miliardi in sei anni, di cui, tolti i fondi stanziati sul proprio bilancio, solo 191 e mezzo di origine europea. No, la manovra è insufficiente secondo me. Non si tornerà al 2019, non così facilmente almeno.
Intanto ci sono questi. Meglio di niente no?
In un certo senso sì. Si potrebbe dire meglio di niente. Ma si è scelto lo strumento sbagliato. In questi casi di collasso simultaneo di domanda e offerta non è il momento di chiedere, neanche in modo dilazionato, “sacrifici” e “austerità”. La BCE avrebbe potuto lanciare una straordinaria azione di helicopter money, cioè di moneta creata letteralmente dal nulla. La Federal Reserve lo ha fatto e noi no, per dire. E invece si è scelta la strada dell’aiuto condizionato. Nel Pnrr c’è un errore di metodo e anche un errore di ripartizione.
In che senso?
Sul piano del metodo i due terzi circa sono nient’altro che un prestito. La gente è alla fame, e noi che facciamo? Gli prestiamo soldi a usura. Tra l’altro in un momento in cui l’Italia non ha alcuna difficoltà ad attingere ai mercati finanziari. Ma questi soldi non solo li dobbiamo restituire, ma sono condizionati, cioè dobbiamo fare riforme che ci vengono imposte. Si chiama “cessione di sovranità”. Quindi, ricapitolando, due terzi li dobbiamo comunque restituire, e il restante terzo apparentemente è una sovvenzione a fondo perduto. In realtà è a carico del bilancio UE, di cui noi siamo donatori netti. Poi anche la distribuzione ha ben poco a che fare con la ripresa. I vecchi settori colpiti dalla crisi sono quasi a becco asciutto, e vedranno qualcosa solo in modo indiretto, mentre le voci preponderanti, la parte del leone, la fanno la “digitalizzazione” e la “transizione ecologica”. Ho il fondato sospetto che questi soldi condizionati, più che a far riprendere l’economia, servano a realizzare l’agenda del World Economic Forum e l’implementazione degli strumenti di controllo sociale. Speriamo bene.
Però c’è anche una logica redistributiva. La UE li ha distribuiti in correlazione inversa con il reddito pro capite. Una volta tanto la difendiamo la UE?
Questo è vero, innegabile. Ma poi ci pensa lo Stato italiano a distorcere questa distribuzione sul piano interno, e lì la UE si gira dall’altra parte, invocando ipocritamente la “competenza interna”. Secondo questa logica i due terzi di questi fondi si sarebbero dovuti spendere nel Mezzogiorno. E invece che fa lo Stato? Destina al Mezzogiorno appena il 40% del fondo. In pratica la povertà del Sud è il biglietto grazie al quale il Nord potrà avere qualche investimento in più. Per non dire che tra gli interventi al Sud e in Sicilia si stanno rifilando alcuni vecchi progetti che già erano finanziati da precedenti strumenti, e per cui forse dobbiamo dire grazie se finalmente qualcosa di tutto ciò si farà. Insomma la solita truffa ai danni dei Meridionali. Se ci va bene ci aggiustano la Palermo-Catania che doveva essere sistemata da almeno vent’anni. E poi, non solo ci dimentichiamo del “passato”, che grida vendetta, ma anche sulla assegnazione delle risorse future siamo fanalino di coda. Siamo italiani quando c’è da pagare, siamo terroni quando c’è da incassare.
Veniamo allora alla Sicilia. Efficaci o no che siano questi bandi, qual è in pratica la nostra quota?
Finora non abbiamo alcuna certezza dell’ammontare definitivo. Praticamente rischiamo di restare con un pugno di mosche in mano, vedendoci dirottare persino le magre risorse attribuite al Mezzogiorno verso quelle del Sud Italia. Poi per noi siciliani è veramente una beffa.
In che senso?
Già per una questione di principio. Noi andiamo a disporre su fondi futuri, dando però un colpo di spugna sulle sperequazioni del passato. La Sicilia è la Regione più discriminata d’Italia, e di queste discriminazioni, con la scusa del PNRR, ora non parla più nessuno.
Sul piano della spesa corrente, i Conti Pubblici Territoriali ci dicono che siamo all’ultimo posto in Italia. Persino la Corte dei Conti dice che la spesa pubblica in Sicilia è insufficiente a garantire i bisogni pubblici essenziali. Se dalla spesa corrente ci spostiamo alla spesa in conto capitale va ancora peggio. L’art. 38 dello Statuto com’è andato a finire? Com’è andata a finire quella legge del 2017 che si era solennemente impegnata a garantire una distribuzione della stessa in base alla popolazione, e quindi con il 34% almeno nel Mezzogiorno (e circa il 10% in Sicilia)? Tutti questi impegni pregressi, con la scusa della “resilienza”, stanno passando in cavalleria.
Si riferisce alla storia dei 61 progetti presentati dalla Regione per più di 400 milioni per i piani irrigui e tutti sistematicamente bocciati? Dà dunque manforte al Presidente Musumeci sul “complotto” contro la Sicilia?
Eh no, non do proprio manforte a nessuno! La Regione ha le sue responsabilità gravissime. Diciamo che la Sicilia oggi non è difesa da nessuno, né dallo Stato che la considera un paese straniero, né dalla Regione che non sembra avere la difesa dell’economia siciliana neanche nella propria agenda politica. Ci sono due livelli di responsabilità in questa tristissima vicenda: regionale e statale. Davvero non so chi sia il peggiore tra i due.
Quali sono le responsabilità della Regione?
È virtualmente certo che tecnicamente la Regione non ha al proprio interno le competenze professionali per redigere bandi “a prova di governo nordista”. Né ha avuto le risorse o l’intelligenza di reperirle in via straordinaria sul mercato. E così è andata candidamente allo sbaraglio. La Regione ha ormai risorse umane obsolete, a esaurimento. Non fa concorsi dagli anni ’90. Si erano timidamente avviati dei tirocini per giovani neolaureati l’anno scorso, con una regolare selezione, accendendo almeno una fiammella di speranza. Ora, al termine del tirocinio, li si sta abbandonando al loro destino nel disinteresse generale. Alcuni di questi erano addetti proprio alla programmazione, e ora sono a spasso, con il loro entusiasmo smorzato e frustrato. Da alcuni di loro, miei ex studenti, apprendo che ormai le funzioni vitali della Regione sono affidate a ditte esterne, per totale mancanza di dipendenti.
Lo Stato che c’entra? Se i progetti erano fatti male cosa avrebbe dovuto fare?
Se questi fondi sono stati dati in funzione del più basso reddito, è dove il reddito è più basso che devono andare. Avere affidato la distribuzione ad una logica da “fondi europei”, con una competizione tra Regioni, è già un modo per dare a chi ha, e togliere a chi non ha quel poco che ha. Perché è ovvio che le Regioni in difficoltà sono le stesse che hanno minore capacità progettuale. Di fronte a una bocciatura così clamorosa, uno Stato serio si mette accanto alla Regione “incapace” e dice: “Nessuno ti toglierà nulla, ma questi progetti così come sono redatti non vanno; vi mandiamo i nostri tecnici, al limite la facciamo noi al posto vostro questa programmazione, ma i Siciliani stiano tranquilli”. E invece bocciatura e basta.
Sta accusando quindi lo Stato di avere una politica nordista?
Ma non sono io che lo accuso, è questo che adotta sistematicamente comportamenti inqualificabili. Per esempio il fatto che il ministro dello Sviluppo economico voglia spostare l’Intel da Catania a Torino, è semplicemente odioso. Ma non è che gli altri siano migliori. Con una battuta mi verrebbe da dire che i partiti italiani “sono tutti nordisti”. A cominciare dai partiti di cui ricorderemo a favore degli elettori soltanto il reddito di cittadinanza. Cioè l’elemosina al posto del lavoro, che è l’unica cosa di cui oggi i siciliani avrebbero veramente bisogno.
Un qualche messaggio di speranza su questo PNRR e sulla situazione economica della Sicilia non lo possiamo avere dunque?
Con questi partiti al governo a Roma e a Palermo? No, impossibile. Nessuna speranza.