PALERMO – Il conto alla rovescia è partito. La “bomba” precari rischia di esplodere il 31 dicembre. Restano, insomma, quattro mesi per disinnescarla. Quattro mesi che serviranno per capire quali strade possano essere intraprese per mitigare i possibili effetti del decreto sulle assunzioni approvato ieri dal Consiglio dei ministri. E per comprendere quali margini ci siano per la stabilizzazione di precari storici. Ad abbassare però un po’ la tensione di una vicenda che ha allarmato profondamente i lavoratori e i sindacati, le parole del ministro della Funzione pubblica Gianpiero D’Alia: “Nessun precario perderà il lavoro”. Ma adesso la patata bollente sembra passare nelle mani della Regione. Che, attraverso le parole dell’assessore regionale alla Funzione Pubblica Patrizia Valenti, spiega: “Stiamo completando il monitoraggio dei lavoratori e dei Comuni. Quindi, proporremo i nostri strumenti. Tra questi, potrebbe esserci un ‘bacino per la mobilità’ in grado di rendere meno rigida la situazione”.
Cosa prevede il decreto del governo nazionale? Di fatto, riapre ai concorsi negli enti locali. Ma questi dovranno passare attraverso alcuni paletti. Intanto, l’approvazione di una piana organica, quindi la verifica dei posti liberi. Quei ruoli quindi potrebbero essere oggetto del concorso. Il 50% dei posti, però, verrà riservatoappunto ai precari che abbiano contratti a tempo determinato da almeno tre anni. “Requisiti che potrebbero portare – spiega il segretario regionale della Cisl Maurizio Bernava – all’assunzione di un terzo dei 22 mila lavoratori. Il governo regionale deve far presente a Roma le peculiarità della Sicilia”. Una Regione nella quale i Comuni in molti casi non rispetterebbero i parametri previsti dal decreto del ministro D’Alia, a cominciare appunto dall’approvazione della pianta organica per finire con il rispetto del Patto di stabilità. “Proprio per questo – spiega l’assessore regionale Patrizia Valenti – stiamo lavorando a una ricognizione dei precari e dello stato in cui versano i Comuni. Potrebbe capitare in molti casi, infatti, che i precari che soddisfino i requisiti non possano essere assunti perché il Comune in cui lavorano non ha ‘le carte in regola’. Per questo, uno degli strumenti che proporremo sarà l’istituzione di un bacino unico per la mobilità. In questo modo, il lavoratore che ha i ‘titoli’ per essere assunto, potrebbe essere eventualmente assorbito da un altro ente. Questo è un punto di partenza, ovviamente, ma sarà fondamentale il dialogo e la concertazione con i sindacat”.
L’assessore, invece, allontana le ipotesi di particolari deroghe per la Sicilia, magari per allentare i vincoli imposti dal patto di stabilità. “Certo, vista la situazione, possiamo pensare a un modello un po’ più aderente alle condizioni in cui versa la Regione siciliana. Ma non dobbiamo dimenticare – aggiunge – che la situazione è delicata in tutta Italia. Al momento le deroghe appaiono difficilmente proponibili”. Ma si discuterà. “Avenzeremo al governo nazionale una controproposta. Ma non illudiamo nessuno: è comunque impensabile stabilizzare 22 mila precari in una volta. Dovremo anche verificare il turn over degli enti territoriali. E capire quanti posti si liberano. La stabilizzazione va vista come una operazione progressiva che ci impegnerà per più anni”.
“Il provvedimento così com’è, – puntualizza però il segretario generale della Cisl Funzione Pubblica Gigi Caracausi – è di difficilissima applicazione nell’Isola. Bisogna lavorare a un vero e proprio piano industriale concordato tra Regione e Stato, da portare al governo regionale. La semplice applicazione del decreto avrebbe conseguenze drammatiche. Anche dal punto di vista pratico, della funzionalità degli enti. Va ricordato, infatti, che molti Comuni vanno avanti grazie all’apporto dei tantissimi precari che vi lavorano. Non possiamo negare che la situazione siciliana sia diversa da quella del resto della Penisola. I Comuni del centronord hanno una condizione economico-finanziaria più equilibrata, e possono in gran parte garantire le assunzioni. Molti Comuni siciliani, invece, probabilmente al 31 dicembre non avranno una dotazione organica approvata. Una delle pre-condizioni per potere indire i concorsi. Una cosa è certa: le nefandezze di tre decenni di politica – conclude il sindacalista – non possono ricadere sulla pelle dei lavoratori e delle loro famiglie”.
E i dubbi giungono anche dal mondo della politica. “Il partito democratico – hanno commentato Baldo Gucciardi, capogruppo dei democratici all’Ars e Mariella Maggio, vice presidente della Commissione Lavoro – aveva già lanciato l’allarme per tempo: per la Sicilia sono necessarie norme che servano a garantire il futuro occupazionale di 20 mila contrattisti. Già nella mozione presentata all’Ars nei mesi scorsi – spiegano – avevamo chiesto di trovare soluzioni che, anche derogando al patto stabilità, consentano la stabilizzazione di migliaia di lavoratori da decenni impiegati in servizi pubblici spesso indispensabili. Il progetto del governo nazionale, invece, – continuano Gucciardi e Maggio – costruisce un quadro normativo che non tiene conto della specificità siciliana di oltre 20 mila lavoratori precari contrattualizzati da enti pubblici. Senza una concreta ipotesi di deroga al patto di stabilità degli Enti locali siciliani, senza la modifica del parametro ‘dipendente pubblico-popolazione’ relativo alle dotazioni organiche degli enti pubblici e senza l’abbattimento dei limiti stabiliti dalle leggi nazionali per le assunzioni non sarà possibile parlare di soluzione al problema dei precari siciliani”. Un problema che potrebbe esplodere drammaticamente il 31 dicembre prossimo. Il conto alla rovescia è già iniziato.