Processo al clan di Bagheria| Venticinque condanne in appello - Live Sicilia

Processo al clan di Bagheria| Venticinque condanne in appello

Sergio Flamia

Sentenza ribaltata pure per gli unici due imputati che erano stati assolti.  I NOMI E LE FOTO

MAFIA - LA SENTENZA
di
3 min di lettura

PALERMO – Arrivano degli sconti di pena al processo d’appello per il clan mafioso di Bagheria. Per due imputati assolti in primo grado scatta, invece, la condanna.

La sentenza è della prima sezione penale della Corte d’appello, presieduta da Gianfranco Garofalo. Il processo era quello dove venne fuori per la prima volta la scelta di pentirsi di Antonino Zarcone. Lo disse prendendo la parola per fare delle dichiarazioni spontanee: “Signor giudice… sono stato il capo del mandamento di Bagheria fino al 2011, intendo collaborare. Ho già fatto dichiarazioni che accusano me stesso e altri”. E sugli “altri” piovvero addosso le sue dichiarazioni a rendere più forte l’impianto accusatorio già ricostruito dalla Procura della Repubblica.

In appello sono cadute alcune ipotesi di estorsione. Questi gli imputati e le rispettive condanne: Umberto Guagliardo (due anni e 5 mesi, era difeso dagli avvocati Antonio Turrisi e Raffaele Bonsignore. Dopo la sentenza è stato scarcerato. In primo grado al condanna era stata di sei anni e mezzo, ma la corte ha rigettato l’appello del pm contro la precedente assoluzione per mafia), Raffaele Purpi (due anni e 8 mesi), Vincenzo Gennaro (due anni e 8 mesi), Salvatore Fontana (tre anni e 3 mesi), Pietro Tirenna (4 anni e cinque mesi), Sergio Flamia (4 anni e otto mesi), Silvestro Girgenti (5 anni e quattro mesi), Francesco Centineo (cinque anni e sei mesi), Pietro Liga (sei anni; pena quasi dimezzata rispetto ai dieci anni del primo grado. Era difeso dall’avvocato Jimmy D’Azzò), Vincenzo Graniti (sei anni e due mesi), Driss Modzhadir (sette anni e 5 mesi), Salvatore Giuseppe Bruno (8 anni), Giacinto Di Salvo (10 anni e otto mesi), Francesco Lombardo (12 anni e otto mesi), Rosario La Mantia (12 anni e otto mesi). Sentenza ribaltata per Vincenzo Gagliano e Michele Cirrincione. Erano stati assolti e ora sono stati condannati a 8 anni ciascuno di carcere.

Confermate le pene per Roberto Aruta (2 anni), Lorenzo Carbone (2 anni e 10 mesi), Raffaele Catanzaro (1 anno e 4 mesi), Salvatore Lauricella (14 anni), Rosario Ortello (un anno), Nicola Pecoraro (un anno), Michele Rubino (1 anno e due mesi), Antonino Zarcone (2 anni e 6 mesi).

Nel 2013, dall’operazione del Comando provinciale dei carabinieri di Palermo e del Ros, coordinati dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli, venne fuori lo spaccato di una mafia arroccata nelle tradizioni (dalla punciuta durante il rito di affiliazione alla presentazione dei nuovi picciotti agli anziani), ma che guardava al futuro investendo fiumi di denaro – la gran parte arrivata dal traffico di stupefacenti – nell’apertura di imprese edili, supermercati, agenzie di scommesse e locali notturni.

In cima alla lista degli imputati c’era Gino Di Salvo, considerato il nuovo reggente del mandamento di Bagheria. Una vecchia conoscenza delle forze dell’ordine visto che avrebbe ottenuto i gradi di capo dopo avere finito di scontare una condanna per mafia. Il suo delfino sarebbe Flamia, anche lui già finito in manette nei giorni del blitz Perseo del 2008. Allora gli veniva contestato il solo favoreggiamento per avere messo a disposizione un suo immobile per ospitare i summit dei boss di Bagheria. Successivamente, sarebbe diventato il cassiere del clan e infine pure lui pentito.

 


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI