Processo Lombardo, D'Aquino:| “Io non ho voluto incontrarlo” - Live Sicilia

Processo Lombardo, D’Aquino:| “Io non ho voluto incontrarlo”

Non si sono presentati a testimoniare Giovanni Pistorio e Alessandro Porto.

Concorso esterno e voto di scambio
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CATANIA – È un fiume in piena Gaetano D’Aquino, l’ex esponente del clan Cappello ora collaboratore di giustizia, chiamato a deporre nell’ambito del processo di primo grado che vede Angelo Lombardo imputato di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio. I pm Antonio Fanara e Agata Santonocito iniziano l’esame del testimone collegato in videoconferenza alla presenza della presidente della Corte d’Assise Grazia Caserta ripercorrendo le principali tappe della “carriera” criminale di D’Aquino: il clan Cappello, la ‘Ndrangheta, i rapporti con Angelo Santapaola e Corrado Favara. Fino ad arrivare ai presunti rapporti con la politica che emergono in occasione delle tornate elettorali del 2006 e del 2008.

“Dal 2006 si erano create delle aspettative nel clan Cappello – ha affermato D’Aquino riferendo dell’interesse nello stabilire contatti con il mondo politico – per quel che mi riguardava poteva trattarsi di opportunità di vario genere, dal posto di lavoro alle possibilità imprenditoriali, in quel periodo a Catania si parlava di interporto e del mercato che doveva nascere a vicino a Bicocca”. “Per i posti di lavoro – ha continuato D’Aquino – si parlava della cooperativa Creattività gestita da Peter Santagati che forniva addetti allo spazzamento, ma anche di eventuali possibilità all’aeroporto e in qualche centro commerciale”. “Io stesso ero stato agganciato per sei mesi alla cooperativa, con la promessa, durante la campagna elettorale di essere assunto in qualità di sorvegliante, ma alla fine fu preferito uno vicino al clan Santapaola e cugino di un esponente politico”. “Peter Santagati si rivolse a me per risolvere alcuni problemi legati a Massimo Faro, che voleva essere pagato senza lavorare. Mi disse che era stato minacciato, io chiesi a Fabrizio Pappalardo di lasciarlo stare, ma lui mi disse che quel posto di lavoro era di competenza di Angelo Lombardo, ‘n’amicu nostru’ come lo definì lui stesso”

Nessun contatto diretto con i Lombardo riferito dal collaborante: “Sono stato io a non volerlo mai incontrare”. Il riferimento era Gaetano D’Antonio, detto “Calimero”, il quale – sempre secondo quello che ha raccontato D’Aquino collegato in videoconferenza – era il “portaborse” di Angelo Lombardo e si “faceva promotore degli incontri”. “Non avevo interesse perché sapevo che Salvatore Vaccalluzzo era già in contatto con l’Mpa, mi ricordo che in un’occasione Vaccalluzzo ricevette insistenti richieste dalla segreteria dei Lombardo tramite sms che lo sollecitavano a rispondere. Lui mi disse che li aveva già aiutati una volta a Enna, poiché era originario di Piazza Armerina, ma non avevano mantenuto le promesse”. “Salvatore Vaccalluzzo era un usuraio che operava alla fiera di Catania e aveva contatti anche con Angelo Santapaola – ha continuato D’Aquino – anche se fu “scaricato” dallo stesso perché si rifiutò di accordargli un prestito di 30mila euro”. “Salvatore Vaccalluzzo fu ucciso da me e da un altro” conclude D’Aquino. 

Gli unici contatti diretti finalizzati al sostegno elettorale in favore dell’Mpa, secondo quanto riferito in udienza dopo la sollecitazione del difensore di Angelo Lombardo, avv. Pietro Granata, D’Aquino li ha con Alessandro Porto, (consigliere comunale in carica, non imputato in questo processo nda) “esclusivamente per Giovanni Pistorio”, il quale, sempre secondo quello che riferisce il collaborante “aveva stretto rapporti con Salvatore Vaccalluzzo”. L’incontro tra D’Aquino e Alessandro Porto “avvenne allo stadio in occasione della partita Catania Albinoleffe – ha dichiarato D’Aquino – io gli portai una lista delle persone che erano andate a votare”.

L’appoggio al movimento fondato da Raffaele Lombardo, secondo le dichiarazioni di D’Aquino “era una voce che girava all’interno del clan Cappello”, ma ne aveva sentito parlare anche da Enzo Aiello, da Angelo Santapaola e da Sebastiano Fichera. Quest’ultimo gli avrebbe riferito della cena organizzata in un agriturismo a Ramacca – dove c’era anche Rosario Di Dio accompagnato da uomini del clan Santapaola – a sostegno elettorale del Movimento per l’Autonomia. Nessuna traccia di denaro o di altra utilità nei presunti rapporti politici con i Lombardo. Ascoltato anche Giuseppe Santagati, detto “Peter”, sul ruolo delle cooperative da lui gestite nelle dinamiche di “contatto” tra politica e criminalità organizzata. Il testimone ha negato le circostanze raccontate da D’Aquino. Si riprende a gennaio con le altre testimonianze.

 

 


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