PALERMO – È cominciato, con la deposizione della tutrice di uno dei minori soccorsi dalla nave Open Arms ad agosto 2019, il processo per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio che vede imputato il ministro Matteo Salvini. Il leader della Lega non è presente in aula.
Per Salvini l’accusa è di aver illegittimamente negato l’approdo a Lampedusa all’imbarcazione della ong spagnola e ai profughi presi a bordo.
Il ministro renderà l’esame davanti al tribunale di Palermo, che lo processa per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per la vicenda della ong spagnola Open Arms, il 12 gennaio prossimo. Lo ha deciso il collegio all’udienza di oggi
È, invece, a rischio la deposizione dell’attore americano Richard Gere al processo. Uno dei legali ha fatto sapere che Gere, impegnato nelle riprese di alcuni film, avrebbe dato la sua disponibilità a comparire in tribunale tra febbraio e marzo, ma il presidente del collegio ha deciso di terminare l’esame dei testimoni di parte civile l’1 dicembre.
Quindi, se l’attore non verrà per quella data la sua deposizione sarà revocata. Richard Gere dovrebbe riferire di quando portò viveri e aiuti ai passeggeri della Open Arms in attesa che venissero autorizzati a sbarcare.
La deposizione della tutrice
In aula ha depositato Rosalba Lo Burgio, tutrice di Musa, ragazzo di 13 anni partito dal Gambia con lo zio tenuto sotto sequestro in Libia, torturato e messo in mare dopo tre anni verso l’Italia. “Ci raccontò di aver sofferto torture indicibili dopo un lungo ed estenuante viaggio dal Gambia fino alla Libia. Musa aveva lasciato il suo paese assieme allo zio per motivi religiosi. Lo zio lo convinse ad attendere in Libia il suo arrivo in Italia ma morì durante traversata. Il minore, partito a 13 anni, rimase solo in un campo di prigionia. Poi toccò a lui partire e nel corso del viaggio venne ‘salvato’ da Open Arms”, ha detto la tutrice.
La deposizione dello psicologo
Lo psicologo ha invece riferito dei problemi manifestati dal ragazzo: “non dormiva – ha detto ai giudici – e raccontava di essere stato torturato a bastonate sulle piante dei piedi e con gli elettrodi. Soffriva di amnesie, non aveva la capacità di orientarsi: tutti effetti della condizione post traumatica”. Musa, tenuto prigioniero in una stanza con poco cibo e poca acqua, avrebbe assistito alla morte di alcuni suoi coetanei.