PALERMO – Il mistero è a sei cifre. Questa è l’unica certezza. Ed è lì, solo nella zona che riguarda lo stipendio del segretario generale dell’Ars, che il “palazzo di vetro” voluto dal presidente Ardizzone fin dal uso insediamento, appare opaco. Oscuro. Ancor di più considerato il fatto che effettivamente in questa legislatura sul piano della “trasparenza” si è fatto tanto. Ma non abbastanza.
Non abbastanza, almeno, per sciogliere quel mistero. Quanto guadagna Sebastiano Di Bella? Quanto guadagna il massimo burocrate del parlamento siciliano? Un quesito che ormai si è esteso dentro e fuori dal Palazzo. Diventando quasi una ossessione per il presidente della Regione Rosario Crocetta, che anche oggi è tornato alla carica.
“Su stipendi e pensioni d’oro all’Ars non si può giocare. Questa volta – ha detto Crocetta – parlo come deputato di quell’Assemblea che spesso a livello nazionale viene additata come il luogo dei privilegi e mentre si è provveduto a diminuire giustamente i compensi ai parlamentari, l’Ars continua ad avere al proprio interno burocrati che costano 4-5 volte l’anno lo stipendio di un deputato’”. Ed eccolo il riferimento al segretario generale. Uno stipendio che, stando anche a qualche sortita del governatore in tv, “peserebbe” il doppio di quello di Barack Obama. E che oggi stando alle voci insistenti nel palazzo, supererebbe il mezzo milione di euro.
“Leggo sui giornali – insiste Crocetta – di una sorta di frenetica trattativa che starebbero mettendo in atto tali burocrati d’oro e persino del confronto con le organizzazioni sindacali che giustamente sono un po’ sorde a comprendere delle ragioni per le quali un tetto di 160 mila euro per un burocrate sarebbe basso. È una questione di equità e giustizia. Ci si appella persino alla violazione dell’Autonomia, invocando l’equiparazione al Senato. Ma l’autonomia non è una carta bianca per riconoscere privilegi e parassitismi, l’autonomia si esercita nell’ambito di un quadro costituzionale che ci obbliga, non solo a tenere in ordine i conti, ma soprattutto ad assicurare solidarietà nei confronti dei soggetti più deboli’”.
Il governatore si riferisce in particolare a una trattativa che sarebbe in corso già in queste ore a Palazzo dei Normanni. ”Di fronte – prosegue Crocetta – ai tanti poveri senza prospettive, alla gente che non sa dove andare a lavorare e dove dormire, non si può che essere netti e decisi senza tentennamenti e il tetto massimo deve essere uguale per tutti i burocrati di Ars e Regione. 160 mila euro sono una cifra già pazzesca, le retribuzioni dell’Ars non possono essere le più alte d’Europa mentre la Sicilia è tra le regioni più povere d’Europa. E’ vero che lo Stato non può stabilire tetti più bassi per i dipendenti delle regioni rispetto a quello stabilito a livello nazionale, ma è anche vero che la Regione nella sua autonomia, in relazione alle compatibilità economiche, non solo lo può fare ma lo deve fare per risanare i conti e trattare tutti con equità e giustizia’”.
Il tetto fissato infatti dopo il voto di due giorni fa, riguarda infatti i dipendenti della Regione e degli enti collegati. Finora non sfiora quelli dell’Assemblea. Ma la politica sta facendo pressing. Il tetto, però, in questo caso, non sarebbe quello previsto da Crocetta, ma i 240 mila euro annui che corrispondono al limite per gli stipendi degli statali. Come spiegato a Sala d’Ercole dallo stesso Ardizzone, infatti, l’Ars ha competenza esclusiva sul trattamento economico e giuridico dei dipendenti. Un trattamento che non “può essere inferiore a quello dei dipendenti statali”.
A dire il vero, già nel corso dei lavori della “manovrina”, Antonello Cracolici aveva già provato a fissare quel limite. Un emendamento che fu dichiarato inamissibile nella parte, appunto, che riguardava l’Ars. In quelle ore, il documento giunto in commissione bilancio, scatenò forti polemiche. Il presidente Ardizzone smentì la paternità della lettera che dichiarava appunto inaccettabile il tetto per l’Ars, “pur non dicendomi contrario al contenuto di quella nota”. Ma adesso, al tetto si sta pensando. Non sarà quello di 200 mila, ma di 240 mila euro, come detto. Un limite che finirebbe per ridurre i compensi di almeno una decina di superburocrati dell’Assemblea. Compreso, appunto, quello di Di Bella, oggetto del nuovo attacco, oggi, da parte del governatore.
Ma lo stipendio di Di Bella non è l’ossessione soltanto del presidente, è giusto dirlo. Periodicamente anche i deputati hanno sollevato il problema apertamente, in Aula. Più volte all’attacco, ad esempio, il deputato grillino Giorgio Ciaccio: “Perché non si può conoscere l’entità di quella busta paga?”. E ancora, l’autonomista Giovanni Greco che ha sottolineato come vengano limitate le sue prerogative di parlamentare, visto che alle sue richieste, gli uffici dell’Assemblea hanno sempre risposto “picche”.
È invece caduta nel vuoto la richiesta ufficiale avanzata da Livesicilia. Una semplica “richiesta di accesso agli atti”, avanzata più di un mese fa. E alla quale, appunto, non è seguita nessuna risposta da parte di Palazzo dei Normanni. Alcuni giorni fa, Ardizzone nel corso di una conferenza stampa spiegò: “Non avrei alcun problema a rivelare le cifre riguardanti lo stipendio del Segretario generale. Una sentenza recente del Tar, però, spiega che possono essere pubblicati i dati generali sugli stipendi dei dipendenti. Non le singole posizioni”. Dati che oggi sono reperibili sul sito dell’Ars. Ma quei numeri non spiegherebbero il mistero. A fronte dei circa 12 mila euro netti al mese descritti dal sito dell’Ars, infatti, Di Bella avrebbe diritto ad altre voci, che porterebbero appunto quello stipendio alle cifre denunciate da Crocetta. E sulle quali si sussurra tra i corridoi e si urla in Aula. Spifferi e grida che potrebbero essere spazzati via, in fondo, con una semplice spolverata a quella porzione di vetro.
Aggiornamento delle 19.30 – Riuniti oggi a Palazzo dei Normanni, alcuni delegati delle principali sigle sindacali che rappresentano i dipendenti e dirigenti dell’Assemblea regionale hanno dato il via alla trattativa sui tagli. Al tavolo anche il deputato questore Paolo Ruggirello (Articolo 4) e il segretario generale dell’Ars Sebastiano Di Bella. Nel corso dell’incontro è stata messa a punto una prima bozza di accordo, che prevede tagli un po’ per tutti: a partire dal già preannunciato taglio del 10 per cento in tre anni agli stipendi del personale (così come previsto dal decreto Monti), al quale si aggiungerebbe anche il taglio al numero dei vicesegretari. Attualmente sono tre i dirigenti che a Palazzo dei Normanni ricoprono questa carica, ma scenderebbero a due: uno sarebbe a capo dell’area amministrativa, uno a capo di quella legislativa.
Altro tema è quello, ben più scottante, del tetto massimo agli stipendi. Un taglio che sarebbe applicato non solo a chi guadagna oltre 200.000 euro all’anno – così come prevedeva una proposta del parlamentare Pd Antonello Cracolici – ma un ridimensionamento dei compensi per ogni fascia di dipendenti. Il tetto massimo, comunque, sarebbe 240.000 euro (e non 200), così come prevede la legge nazionale pensata da Matteo Renzi.
Il compenso spettante al segretario generale, poi, sarebbe del tutto stravolto: “Non più le cifre di adesso, che arrivano a superare di tre volte di stipendi dei dipendenti di fascia più alta – dice Paolo Ruggirello – ma uno stipendio incrementato del 5 o 10 per cento rispetto a quello dei consiglieri parlamentari (che attualmente guadagnano dai 200 ai 250.000 euro lordi all’anno, ndr)”. Il segretario generale, quindi, non godrebbe più di una tipologia contrattuale “a sé stante”.
La trattativa proseguirà martedì prossimo, quando il gruppo si riunirà e discuterà in base ad una prima bozza di accordo messa a punto, nel frattempo, dagli uffici. “Nessuno a quel punto dica che siamo restii ai tagli – aggiunge Ruggirello – : molti provvedimenti sono già stati presi, e adesso continuiamo perché è giusto che l’Ars non resti fuori dalle scelte di risparmio che sono state fatte alla Regione e nell’amministrazione tutta”.