Rosario Crocetta è un presidente politicamente impresentabile, ma non deve andare a casa per la sua goffa rappresentazione davanti a un bimbo malato. Ben altro è il catalogo delle dissoluzioni. Quell’ormai celebre video, che un implacabile grande fratello ha rimescolato con le immagini del giorno, quella visita al reparto di malattie metaboliche rare di Palermo, di cui tutti sanno ormai tutto, non può diventare il pretesto per una polemica politicheggiante. I piani delle emozioni e dei pensieri sono diversi.
La risaputa scena si svolge, dunque, in corsia. C’è un bimbo nel suo letto. Ci sono molte persone a coro della cerimonia all’Ospedale dei bambini. Il cardinale Romeo prega. Ecco che spunta Crocetta, da una quinta invisibile. Applaude. Sorride. Incoraggia, a modo suo, il piccolo paziente. E’ una scena magari un po’ impacciata; niente di più. Certo, il nostro ci mette la sua rinomata teatralità, la scomposta drammaturgia che tratteggia il suo marchio di fabbrica. Tuttavia, l’impressione è quella di un uomo che vorrebbe tentare qualcosa, qualsiasi cosa, pur di recare conforto.
Accade che il sassolino – come sempre quando c’è di mezzo lui – rotoli velocemente, per generare la valanga. Il video circola sui social. Il padre del bambino chiede le scuse per l’invadenza che, dal suo punto di vista, risulta insopportabile. E può avere ragione, per fatto personale. Segue, soprattutto, una feroce sassaiola di commenti, avversi a Saro. Ha applaudito. Ha interrotto il cardinale che pregava. Ha fatto il giullare, infierisce qualcuno. Uno così non deve restare a Palazzo d’Orleans un minuto di più. E qui c’è il torto che mostra la corda di un pregresso rancore, di una polemica strumentale; come se ci fosse bisogno di uno stratagemma per svirgolare in giudizio politico ciò che appare semplicemente umano.
Gli altri personaggi, intanto, scompaiono. Non li guarda più nessuno. Va in dissolvenza il minuscolo paziente, l’unica presenza che dovrebbe sollevare qualche interrogativo su rispetto e privacy. Spariscono le migliori intenzioni. Rimane alla ribalta Rosario, per il teatrino che lui stesso ha suscitato. Ma stavolta è la platea ad attribuire allo spettacolo un senso che non c’è, punteggiandolo di schiamazzi. La “colpa” del protagonista nella sua più onesta interpretazione? Non essere riuscito a restare immobile davanti alla sofferenza di un bimbo. Anche gli impresentabili hanno un cuore.