CATANIA. “Sai perché quella foto è ancora così potente? Perchè immortala due persone ancora in vita che sorridono nonostante le battaglie che portavano avanti: e sono loro che ci danno coraggio”.
Sì, è vero. E’ una foto potente. Una foto che è la coscienza di ognuno di noi che abbiamo vissuto in pieno ciò che venne atrocemente sguainato tra il maggio e il luglio del 1992.
E’ stato il fotografo Tony Gentile a scattare quell’istantanea. Un rullino in cui troveranno posto appena 17 foto che, consegnato alla camera oscura, consegnerà anche quella che sarà la foto simbolo del dottor Giovanni Falcone e del dottor Paolo Borsellino.
Live Sicilia ha incontrato Tony Gentile ieri pomeriggio all’accogliente Flow in via Museo Biscari, dove si è lasciato andare ad una conversazione piacevole, arricchente e piena di aneddoti. Siamo rimasti lì ad ascoltarlo come quando da piccoli ascoltavamo racconti che volevamo non finissero mai.
Ma nulla ha a che fare tutto questo con le fiabe, molto invece con la voglia incessante e necessaria di custodire la memoria e di combattere il malaffare.
“Sono molto geloso di questa foto. E’ inevitabile. Ecco perché quando, ad esempio, vengo a sapere che fanno a Francoforte una pizza con, nel menu, stampata la foto che ho scattato io, non capisco più nulla. E’ un atteggiamento che non riesco proprio a tollerare”.
Del resto, quella complicità tra i giudici assassinati dalla mafia assieme a chi gli era accanto per proteggerli è divenuta icona di generazioni.
“C’è un momento in cui mi accorgo che sta accadendo qualcosa, che la mia foto stava divenendo qualcosa di più che una semplice foto: ed è il 1993. C’erano manifestazioni e appuntamenti e nei cartelli, nelle lenzuola esposte sui balconi, nei murales c’era questa foto. In quell’anno ho avuto la percezione che era scattata una sorta di valanga visiva che aveva coinvolto tutti.
Oggi è un’immagine pop, nel senso che è popolare, che fa parte della nostra cultura.
Ma la cosa più importante è che questa foto ha veicolato messaggi importanti”.
Ieri pomeriggio a dare manforte all’incontro con Tony Gentile, c’era il collega Fernando Massimo Adonia ineccepibile e puntuale in ogni suo intervento. Un valore aggiunto che ha impreziosito un racconto che tocca a noi stessi tramandare: “Nel ’92 avevo 28 anni. Una manciata di giorni prima avevano ucciso Salvo Lima. E tutti comprendevamo che stava accadendo qualcosa e quella sera ognuno di noi voleva sapere dai due giudici cosa stesse succedendo a Palermo. Quella, in particolare, era l’occasione di un appuntamento elettorale del giudice Ayala. Ma io ero totalmente concentrato sui due magistrati. Ho seguito momento dopo momento entrambi. Ho capito che c’era un momento di intesa tra i due: e l’ho colto. Penso ancora a quell’istante”.
Poco tempo dopo, nel giro di appena due mesi, il devastante epilogo della storia. E col passare del tempo, si è costretti a fare i conti anche con chi prova a lucrare su quell’immagine laica e sacra al tempo stesso.
“Di certo, io non mi sono arricchito. Anzi. Al massimo raccogli la credibilità. Salvo, poi, assistere che persino la Zecca dello Stato si è ispirata allo scatto coniando una moneta da 2 euro. Ma anche quello è diventato un business: con chi si mette alla ricerca dello spiccio, trovandolo a prezzi ben superiori rispetto allo stesso valore.
Non sopporto queste cose”.
Di scatti, Tony Gentile, ne ha fatti tanti altri. Migliaia. Ci racconta del suo volume “Sicilia 1992. Luce e Memoria” (Silvana editoriale) e ci trasferisce un’emozione della quale è capace solo chi ama e sa fare il proprio mestiere.
Ma quella foto resterà per sempre.
Ha consegnato all’immortalità le battaglie di due giudici.
Alla Storia, l’intuizione di un uomo e di un fotografo che è stato testimone del tempo.