01 Gennaio 2020, 06:15
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L’eroe dell’anno che è passato, dell’anno che è e dell’anno che verrà, da queste parti? Il palermitano che non arrende, che spera ancora, che affronta la sua giornata come se questa città fosse già migliore di quella che è. E si impegna – nel suo piccolo o nel suo grande, nel suo piccolo che è grande – per realizzare, ogni giorno, il miracolo della quotidianità, nonostante le insidie, fino all’arcobaleno immortalato dalla bellissima foto di Fabio Cavasenna.
Ogni giorno che passa, questo palermitano forse atipico, si alza dal letto. E deve fare i conti con il lavoro che non ha, o con il magro salario di un lavoro da precari che lavoro non è. Esce. Quasi truppica sul marciapiede dissestato, eppure va avanti. Aspetta l’autobus, accanto a generazioni di cittadini mummificati dall’attesa. Oppure, prende la macchina e affronta il ‘ciaffico’, senza nemmeno la consolazione di avere lo zio di Johnny Stecchino come bonario compagno di viaggio.
Ecco le strade sgarrupate eternamente e piene di scaffe, come ricorda una indimenticabile poesia di Renzino Barbera, il labirinto dei cantieri, il sorteggio delle pedonalizzazioni: come si sarà svegliata oggi la Ztl, serena o di malumore? Non risponde mai al cellulare, il palermitano che spera, mentre guida. E, nel frattempo, ode due voci pubbliche assordanti che si rimbeccano. La propaganda di chi dice che Palermo non è mai stata così sfolgorante e se non lo capisci la colpa sarà tua, vile panormosauro! Il nulla che avanza di chi lotta in senso contrario, ma soltanto criticando per calcolo, senza mai il coraggio o la competenza di una vera idea alternativa.
Una volta giunto a destinazione, dopo avere cercato parcheggio per un po’, dopo avere rifiutato la tentazione di mettere la macchina nello spazio H, il palermitano che spera, finalmente premiato dalla tardiva fortuna, trova il suo pertugio e si infila, ma subito piomba sulla scena l’immancabile posteggiatore abusivo con fischietto e panzone d’ordinanza: “Zio, mu fa pigghiari ‘u cafè”.
Ed è allora che quel palermitano valoroso pensa ai dottori Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, in un lampo, come una colata di caldo buono nel cuore. E pensa che chi muore per la giustizia è morto anche per te, per l’esempio, perché ti comporti sempre bene. E certo che sarebbe più semplice rifilare la monetina al panzuto che si pone tra il suadente e il minaccioso. Ma poi te l’immagini, nell’alto dei cieli, l’amarezza dei dottori Borsellino e Falcone e degli altri giusti che amarono e sognarono con loro?
Allora, va oltre, il nostro eroe, presagendo il segno che troverà sulla fiancata al ritorno, e – se ha la fortuna di averne uno – fa il suo lavoro con onore, come se fosse un cervellone della Nasa. Se è allo sportello di qualcosa, sarà gentile con tutti. Se assembla arancine, si comporterà alla stregua di uno chef che non può smentire la sua chiara fama. Il palermitano che spera ama e rispetta il prossimo suo, manco fossimo in Paradiso. E a tutti offre il lato più gentile di se stesso.
Infine, torna a casa, scansando macchine e giornali, scaffe e marciapiedi, ciaffico e panzoni. Cena e si addormenta con l’animo combattuto tra il dolce e l’amaro, il palermitano che spera, nonostante tutto e tutti. E sogna di risvegliarsi in una città migliore.
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01 Gennaio 2020, 06:15