Segretario Fausto Raciti, Rosario Crocetta ha convocato il vertice di maggioranza che lei auspicava. Quale sarà la prima urgenza di cui parlare?
“L’urgenza è dare una direzione di marcia al governo nei prossimi mesi, che ci consenta di rendere conto ai siciliani di dove siamo e dove vogliamo andare. Primo tema è ovviamente la finanziaria”.
In merito alla quale abbiamo già letto diverse indiscrezioni. Ne avete parlato col governo?
“In queste settimane il confronto si è svolto all’interno del governo, o al massimo con il governo nazionale, senza il coinvolgimento delle forze politiche. Il documento di programmazione che leggo dalle vostre pagine ha definito una situazione complessa e difficile che tutti paventavamo. Capite le difficoltà, bisogna superarle. Credo ci siano tutte le possibilità”.
Lo crede…
“Il PD ha tutta l’intenzione di affrontare questa stagione di riforme chiedendo al governo nazionale di mettere in atto l’impegno per la Sicilia. Negli ultimi anni lo Stato ha fatto cassa anche con le risorse della Regione Siciliana per il risanamento del paese. Se poi aggiungiamo che le poche risorse non sono state utilizzate al meglio…”.
Senta, ma lei trova che si possa ancora parlare al futuro, manifestare intenti sulle cose da fare, o dopo due anni e più di legislatura non siamo fuori tempo massimo per gli annunci?
“E’ evidente che del tempo si è perso e noi non abbiamo mancato di sottolinearlo. Ma una forza di governo non si ritrae di fronte alle sfide. Ora si tratta di fare un deciso passo in avanti. E che a questo corrisponda un impegno vero perché la Sicilia diventi una priorità nazionale”.
Il passo avanti doveva farlo il Crocetta ter, che nasceva anche dall’esigenza di ricompattare il Pd e coinvolgere di più i partiti. È successo?
“Il Crocetta ter non nasce con l’obiettivo di ricomporre il Pd. Ma da una battaglia dovuta al fatto che i governi che lo hanno preceduto non si sono rivelati all’altezza. Rischiamo ora di trovarci a registrare una stasi a livello regionale. Che è dovuta a due elementi. Primo: il lavoro del Governo regionale non può avere per oggetto solo le emergenze: così metteremo solo pannicelli caldi”.
Traduciamo, si riferisce alla dialettica tra Crocetta e Baccei?
“Mi riferisco al fatto che bisogna tagliare la spesa, ma che questo non basta se non dai una speranza alla gente, se non rendi esplicito come vuoi ridisegnare la Regione. Per farlo servono le forze politiche, non basta che ogni assessore faccia bene il proprio pezzo di lavoro”.
Ma dell’esigenza di un rapporto profondo si parlava ai tempi del Crocetta bis. Anche per questo nacque il Crocetta ter…
“È questo il punto che va definitivamente sciolto. Il rischio è che il governo si trovi a giocare a mosca cieca. Occorre dare priorità alle riforme, alla programmazione, alla questione dei rifiuti , insieme alla riforma della pubblica amministrazione. Nell’immediato mi aspetto un confronto vero sulle società partecipate. Su tutto questo bisogna riprendere l’iniziativa. Fare capire al governo nazionale che c’è una maggioranza coesa e che Roma non si può tirare indietro”.
Lo ha già detto prima. C’è il rischio allora che Roma si tiri indietro?
“Io vedo un fatto: negli ultimi dieci anni la Sicilia è stata un grande serbatoio da cui attingere risorse ma non è riuscita nemmeno a denunciarlo perché è stata governata alla giornata, non si è saputa difendere dall’accusa di essere la regione degli sprechi.”
Parla dei fondi Fas?
“Parlo di tutto. Di un bilancio decurtato via via negli anni. Di fronte a questo serve una programmazione di lungo periodo. Certo, serve anche il risparmio e ben venga l’adeguamento del sistema previdenziale dei regionali e tutto quello che asciuga privilegi che non hanno giustificazione alcuna”.
Ma non ci si può limitare ai risparmi, se ho ben capito…
“Sì, non si può solo sforbiciare. Devi indicare una rotta. Utilizzare l’autonomia per costruire le misure che attraggono investimenti. Il potenziale c’è”.
Non sembra che in questi anni l’autonomia sia servita a questo. Non trova?
“L’autonomia senza responsabilità e programmazione banalmente non esiste. Noi abbiamo avuto un’autonomia senza risorse o con risorse utilizzate male. Cioè una autonomia fatta di carte bollate”.
E secondo lei ha ancora senso parlarne?
“Sì, se la sai modernizzare, altrimenti non resterà nemmeno la carta. L’autonomia non può essere un piccolo centralismo palermitano, l’autonomia la interpreti decentrando le competenze verso il basso e facendo della regione il luogo della programmazione”.
E sì, ma proprio in questo senso c’è all’Ars un disegno di legge di riforma sulle ex province che attende di essere affrontato da mesi…
“Io sono il primo che ha fato notare anche con una certa veemenza che le cose non hanno funzionato. Ora non ci sono più alibi per nessuno. Per questo ho chiesto una sede di discussione. Viceversa ci troviamo guardare, come spettatori di una partita di tennis, la pallina muoversi da una parte all’altra del campo. Non è per stare a guardare che si vincono le elezioni”.