Relitto di fronte Aci Castello |Emergono centinaia di anfore - Live Sicilia

Relitto di fronte Aci Castello |Emergono centinaia di anfore

I resti di una nave da carico del II secolo a. C. giacciono al largo della costa. Ardizzoni: “E’ un sito archeologico unico nel Mediterraneo”.

meravigliosa scoperta
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CATANIA – Una distesa di anfore millenarie si allunga sul fondale di Aci Castello: è il carico di una nave affondata oltre 2000 anni fa. Sparsi sulla sabbia tra -65 e -80 metri, i reperti delineano la forma dello scafo, probabilmente ancora insabbiato. La prima segnalazione del ritrovamento alla Soprintendenza del Mare risale al 2011, ad opera di alcuni pescatori; in seguito la zona è stata documentata dal gruppo “Rebreather Sicilia”, che con questo lavoro ha inaugurato il progetto Ombre dal Fondo, volto a documentare i relitti profondi lungo le nostre coste. “E’ un sito quasi unico nel Mediterraneo”, afferma entusiasta Massimo Ardizzoni, fotografo del team ed esploratore profondista: “Luoghi simili esistono alle isole Eolie, ma a quote proibitive”.

Svolti alcuni rilievi preliminari nel corso del 2015, negli ultimi mesi la Soprintendenza -sotto la supervisione del prof. Sebastiano Tusa- ha iniziato una serie di operazioni volte a studiare in dettaglio la nave ed il suo carico. Una particolarità evidenziata è la presenza, nello stesso contesto, di almeno cinque tipi d’ anfora risalenti ad epoche diverse; all’inizio del mese ne sono state prelevate due, presente anche la Capitaneria di Porto. “Si tratta di una Dressel 1C e di una greco-italica, recuperate tra quelle cadute sulla sabbia, fuori dal carico, per non alterare l’insieme”, ci illustra l’archeologo Philippe Tisseyre , “la maggior parte del carico è invece costituita da anfore greco-italiche di transizione. La datazione è difficile, ma il relitto potrebbe risalire al II secolo a.C.”.

Ben più recenti, dunque, dei reperti rinvenuti a partire dal 2012 nelle vicine acque di Acicastello, questi datati attorno a quattro secoli prima. Come pianificato già l’anno scorso, negli ultimi giorni si è poi proceduto a scattare 1500 fotografie, allo scopo di mappare il sito nei minimi dettagli e realizzarne una ricostruzione in 3D: ciò, tra l’altro, permetterà una maggior salvaguardia dai furti, diffusissimi da decenni lungo tutto il litorale: “Abbiamo notato alcuni ‘buchi’ nel carico”, riferisce a tal proposito Ardizzoni. Malgrado ciò le condizioni delle anfore potrebbero essere ancora abbastanza simili a quelle del naufragio, con alcuni pezzi frantumati nell’impatto e gran parte ancora integri. L’area è singolarmente pulita (appena qualche lenza abbandonata) e le correnti, talvolta notevoli, regalano una visibilità insolita per la costa ionica.

Tuttavia l’immersione, possibile tramite i centri autorizzati dalla Soprintendenza, è impegnativa per profondità e tempi di permanenza; molto consigliato è l’impiego di una miscela contenente elio, in luogo della comune aria compressa. Nelle ricognizioni documentarie sono stati impiegati apparati di respirazione a circuito chiuso (i rebreathers) per incrementare la sicurezza degli operatori. Vari obiettivi attendono adesso gli archeologi: per il momento, l’idea è di iniziare brevi tratti di scavo su qualche angolo del relitto. A parte i campioni da datare, non si prevedono ulteriori recuperi: la tendenza attuale è infatti quella di lasciare i resti sul posto. Quanto all’apertura d’un cantiere vero e proprio, questa sarebbe costosissima ed oltremodo impegnativa a tali profondità.

Emozioni accese si diffondono tra i sommozzatori che hanno potuto osservare da vicino la distesa di anfore: per Alessandro Pagano, noto nell’ambiente per il talento fotografico, “Sapere che questi oggetti sono appartenuti a gente vissuta prima di noi ti rende partecipe della Storia; fotografare è fermare l’istante e riportarlo nel presente”. “Potrei rimanere ore lì sotto, immaginando il percorso e la storia di ognuna di queste anfore”, sorride R.V. dopo l’ultimo tuffo. Massimo Ardizzoni, pronto a proseguire la ricerca a profondità più elevate, è conquistato dai dati storici e dai piccoli particolari che portano a ricostruire l’ ”ombra” del relitto : “Si distinguono i tubi di sentina, quattro ceppi d’ancora e alcune tegole, poste forse a copertura del cassero di poppa o parte del carico”. L’esplorazione è aperta.


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