Il sapore del vino, miscelato con acqua, e gustato dai Kyulyx, i calici del simposio greco. L’odore del Mediterraneo, che sale alle narici dalla stiva di un’imbarcazione. E poi i colori delle costa sud-occidentale di una Sicilia antica. Duemilacinquecento anni di storia possono essere letti, oppure contemplati, immaginati attraverso un oggetto, che rivela usi e costumi ormai lontani. Si tratta di un “cratere laconico” che ritorna ad affondare le sue radici nell’isola in cui fu rinvenuto. Risalente al VI secolo a.c., tra il 560 e il 565, questo vaso “mostra un certo carattere di unicità” spiega la dottoressa Agata Villa, neodirettrice del museo archeologico regionale “A. Salinas”; “Crateri laconici di questa classe – continua la dottoressa – non ne ritroviamo”. Un oggetto dalla forma quasi intatta, da cui il tempo non è riuscito a lavare via del tutto l’arte che il suo creatore aveva voluto esprimere. Decorazioni bicromatiche a pennellate verticali, onde correnti e teorie di animali che si snodano sia sulla parte superiore che su quella inferiore del vaso.
La creatività del pittore non si limitò, lasciò spazio ad esseri fantasiosi, suggeriti da un’arte orientalizzante giunta nel settimo secolo fino in Laconia, a Sparta: esseri a metà tra donna e aquila, come le sirene, ma anche sfingi alate. E poi le danze, sul collo del vaso, raccontate attraverso la scena figurata dei cosìddetti “comasti”: movimenti frenetici, sintomo di un’ebbrezza che veniva trasportata e alimentata dal suono delle cetre pentacorde.
Neanche le anse sono state trascurate: qui è raffigurato il Gorgoneyon, la testa di una Gorgone, figura mostruosa sopravvissuta nell’immaginario collettivo attraverso il mito di Medusa.
Secondo l’archeologo olandese Michael Conrad Stibbe, il vaso è riconducibile alle prime esperienze del c.d. Pittore della Caccia, che di questa pratica fece il suo oggetto prediletto solo nelle sue opere successive. Da qui la sua unicità e veridicità.
Da una collezione privata situata a Gela, il reperto è stato ritrovato e riconosciuto in Svizzera dai Carabinieri del Comando Nucleo Tutela patrimonio culturale e qui sequestrato nell’ambito dell’operazione “Andromeda”. Esposto al Colosseo nel corso dell’estate 2010, il vaso è stato infine riconsegnato alla Regione Sicilia dal Ministero dei Beni Culturali. “Un’altra grande conquista della Sicilia, una Sicilia che cresce con i suoi tesori”. Con queste parole l’assessore regionale dei Beni culturali Gaetano Armao ha accolto l’arrivo del reperto a Palermo.
Il cratere laconico però non rimarrà al Museo Archeologico Salinas ancora per molto. “Per la fine di settembre tornerà a Gela, il luogo in cui è stato rinvenuto – continua l’assessore Armao. Occorre rafforzare territori in difficoltà come Gela o come Termini (le phiale d’oro di Caltavuturo torneranno proprio qui dall’Expo di Shanghai). Puntiamo sulla cultura, come leva di sviluppo” conclude Gaetano Armao. L’intento è dunque quello di valorizzare la storia, l’arte che tesori come questo racchiudono e che riescono a svelare il ricco patrimonio delle terre di Sicilia.