Il piccolo Salvatore ha sei anni e un buco in testa. Qualcuno, non si sa chi, non si sa perchè, glielo ha aperto ieri sera con un colpo di fucile, sparato in pieno stile mafioso, che lo ha raggiunto mentre si trovava a bordo di un’auto insieme al fratello e allo zio nelle campagne agrigentine.
Oggi il piccolo Salvatore sarebbe andato a scuola, o a giocare a pallone, per vivere i suoi sei anni con la serenità e la spensieratezza che quell’età, per certi versi, ti impongono. Invece quel bambino è qui: nella sala rianimazione dell’ospedale Civico di Palermo, nell’attesa che quella ferita possa smettere di far paura. Dietro alla sua porta un limbo.
Un limbo in cui le domande restano sospese. A mezz’aria. Infrangendosi inutilmente contro una vecchia statua della Madonna, o alle centinaia di scritte lasciate negli anni dai familiari dei degenti; affidate alle pareti verdi scrostate di quel reparto. Sguardi umidi, che inchiodano la loro speranza, o il loro terrore, adesso ad una porta che si apre, adesso al colletto gualcito di un camice bianco.
Il dottor Fabbri, direttore del reparto di prima rianimazione dell’ospedale Civico di Palermo, che ha operato il bambino, trasportato qui da Agrigento in elisoccorso, sottolinea come le condizioni del piccolo “restino gravi”. “La prognosi è riservata per la vita – dice Fabbri -. All’arrivo del bambino, la situazione era drammatica”.
E’ ancora presto, dunque, per sbilanciarsi in qualsiasi previsione, e come spiegano gli stessi sanitari, le prossime ore saranno fondamentali per definire il quadro clinico del piccolo degente, nè per poter dire se e quali saranno, eventualmente, i segni che il bimbo porterà con sè dopo questa terribile esperienza. “Adesso il piccolo è in fase di risveglio farmacologico da anestesia – aggiunge Fabbri -. Smaltiti i farmaci resterà lo stato di coma, quindi un’assenza patologica della coscienza. Ma per il momento – conclude il medico – è presto per fare qualsiasi tipo di valutazione neurologica”.