Retroscena di un pasticcio |Così è saltata la lista Micari - Live Sicilia

Retroscena di un pasticcio |Così è saltata la lista Micari

Il disastro di Messina. Sfuriate e tensioni, così si è arrivati all'ultimo minuto. Ora il ricorso.

PALERMO – La scena è raccontata per filo e per segno. Agli atti. E certo, senza offesa per nessuno, ha un che di fantozziano. Lo scivolone che ha fatto saltare la lista Micari a Messina, proprio lì dove per una beffarda casualità si candidava Rosario Crocetta, che con la sua donazione di candidati aveva permesso di salvare la lista del rettore, sta tutta lì, nei fogli del tribunale della città dello Stretto.

Giovanni Rovito, delegato a presentare le carte, alle 16 del 6 ottobre era dove doveva essere, cioè in cancelleria, ma aveva solo due dichiarazioni di accettazione. Nel verbale del tribunale c’è una dichiarazione scritta a mano in cui si spiega che l’altro presentatore della lista Daniele Siragusano “accorgendosi della mancanza del retro della copia fotostatica della carta d’identità di un candidato”, si allontanava dal Palazzo di Giustizia, “portandosi inavvertitamente con sé lo zaino contenente parte della documentazione elettorale, recandosi nella propria autovettura”. Lo sventurato, recuperato lo zaino, “trovava la porta dell’aula chiusa”. Pensa che sfortuna. A quel punto il racconto si fa drammatico: “Dopo aver visto la porta dell’aula chiudersi mi affrettavo a cercare di entrare senza riuscirvi. Pertanto bussavo diverse volte alla stessa”. Ma, diceva quello, è inutile bussare, qui non aprirà nessuno. Per fortuna c’è il cellulare. “Solo dopo aver chiamato il signor Rovito Giovanni sul cellulare, lo stesso mi permetteva di entrare”. E così gli altri undici documenti mancanti arrivavano sul tavolo del cancelliere. Troppo tardi, secondo l’Ufficio centrale circoscrizionale, che ha respinto la lista. Pregiudicando seriamente le chance della stessa – già saltata a Siracusa – di arrivare allo sbarramento.

Ora lo staff di Micari ha annunciato ricorso. Secondo indiscrezioni si spera in un precedente, una sentenza del Tar della Calabria del 2015, in cui si stabiliva che “è privo di rilevanza, ai fini dell’ammissione, il lieve scostamento orario nella presentazione della lista, in quanto accompagnato dalla presenza, nell’orario prescritto, del presentatore di lista nel palazzo di città e da ragioni indicate dallo stesso Segretario Comunale”. Piccolo dettaglio: il ricorso in questione fu alla fine respinto.

Ma certo, il pasticcio messinese è anche figlio della surreale trattativa sulla lista del presidente che ha tenuto in ostaggio i big della coalizione nella sede del Pd fino all’ultimo momento per cercare di incollare i cocci della lista del presidente, orfana dei candidati “dei territori” che Leoluca Orlando non ha portato in dote. Due giorni, quasi tre, di psicodramma last minute, trattative, nervosismo, sfuriate e scenette, sfociate nell’accordo in zona Cesarini. Un’intesa a rotta di collo che ha portato a cascata il ritardo nella presentazione delle liste. Di quelle 48 ore di altissima tensione non ci sono verbali. Ma solo racconti, per lo più convergenti. Nel palazzo di via Bentivegna è successo davvero di tutto. Crocetta che si alza e se ne va in serata e riunisce i suoi per lavorare alla lista del Megafono, Micari che si alza e se ne va a un certo punto della trattativa, i veti irremovibili sulla candidatura dell’ex governatore a Palermo e Catania, i duelli rusticani sulla lista del Pd di Siracusa, con un pezzo da novanta del partito che, giurano due altissimi dirigenti, afferra le firme e fa per andarsene come quei bambini che si portano via il pallone quando perdono. Il tutto coronato dal grande pasticcio finale di Messina. Poteva andare peggio. Poteva piovere.

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