Lettere di dimissioni firmate in bianco al momento dell’assunzione, stipendi non pagati, contratti con importi irrisori e la moneta più forte usata a volte come un ricatto: il punteggio in graduatoria. Le storie sommerse dei ragazzi che in Sicilia insegnano nelle scuole private o si occupano di formazione professionale hanno i contorni di un vero e proprio sfruttamento. Ne sanno qualcosa Angelo, Fabio, Michela. I nomi sono tutti di fantasia, poiché i protagonisti delle storie preferiscono restare anonimi ed essere meno ricattabili. Come Giuseppe, 18 ore di insegnamento la settimana in un istituto privato dell’Agrigentino che da gennaio non riceve un euro, perché la Regione (e vale per gli altri casi) non manda i soldi con puntualità. O ancora Michela, la cui assunzione per una collaborazione da “2 euro e 50 l’ora per insegnare in un istituto serale” – racconta – doveva necessariamente essere accompagnata “da una mia firma su una lettera di dimissioni in bianco – dice – la flessibilità richiesta a noi oggi è questa”. “Con i blocchi del ministro Gelmini in molti hanno scelto le scuole private – spiega Fabio, insegnante all’istituto ‘Miliziano’ di Palermo – io sono fortunato perché mi pagano 10 euro lorde l’ora anche se da più di 3 mesi non vengo retribuito, ma rispetto ai miei colleghi costretti a pagarsi i contributi è già qualcosa”. In alcune scuole, infatti, l’unica forma di retribuzione sono i punteggi della graduatoria: “Diverse scuole dell’Agrigentino fanno così – racconta Fabio – io sono stato contattato dalla sede licatese dell’istituto Pirandello che mi ha chiaramente detto che non avrebbe mai potuto pagarmi, ma lo stesso accade ai miei colleghi ad Agrigento e Canicatti. Dovrebbe essere proibito alle scuole private di dare punteggi per le graduatorie, è una forma di ricatto”. Angelo invece lavora a Catania, all’istituto professionale salesiano “Sacro cuore di barriera” dove insegna disegno tecnico e laboratorio”. La sua scuola fa formazione a ragazzi con una situazione familiare molto difficile alle spalle e che hanno 14 -15 anni. “Un dato in controtendenza con la maggior parte dei corsi di formazione, spesso rivolti a maggiorenni disoccupati”, racconta Angelo, assunto a tempo pieno per 36 ore. “Io e i miei colleghi non siamo pagati dall’ottobre 2008 – dice, ma dopo gli ultimi scontri alla giunta regionale sulla formazione, qualcosa si è mosso: “il 17 aprile c’è stata una riunione durante la quale c’è stato comunicato che avremmo avuto le mensilità arretrate fino al marzo scorso”. Ma a prescindere dall’arrivo dei fondi Angelo spera una sola cosa per il futuro: “che cessino le logiche clientelari per accedere ai finanziamenti. In pochi anni abbiamo assistito a una proliferazione di corsi professionali dai nomi più fantasiosi – dice – dall’esperto in ricostruzione unghie al capo pizzaiolo, all’operatore domotico (?). Nell’80% dei casi questi corsi hanno avuto classi da 3-5 persone o assenza totale di iscritti, eppure a me risulta abbiano comunque ricevuto finanziamenti”. Risulta anche alla terza sezione del tribunale di Palermo che proprio pochi giorni fa ha condannato 11 persone per una mega truffa milionaria sui corsi di formazione “fantasma”. E ora anche la Corte dei Conti indaga