Riciclaggio di auto di lusso, nove persone in arresto

Riciclaggio di auto di lusso, nove persone in arresto

A Gioiosa Marea e Patti

GIOIOSA MAREA (MESSINA) – La polizia ha eseguito a Gioiosa Marea (ME) e Patti (Me) un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di nove persone, quattro in carcere e 5 agli arresti domiciliari, con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio di auto e falsità nei documenti.

Gli arrestati di origine straniera (rumena, bielorussa e russa) ma da tempo residenti in Italia, in particolare nei comuni di Gioiosa Marea e Patti, ricliclavano autovetture di lusso marca Toyota (in specie modelli Rav 4 e Lexus), rubate all’estero. In particolare, provvedevano al reperimento materiale dei mezzi, alla contraffazione dei numeri identificativi del telaio/motore, alla loro introduzione nel territorio nazionale ed alla successiva immatricolazione presso la Motorizzazione Civile di Messina mediante falsificazione della relativa documentazione di accompagnamento (libretto di circolazione, schede tecniche, titoli di acquisto).

“Riciclavano auto di lusso”

In tal modo secondo gli inquirenti i veicoli venivano nazionalizzati e “legalizzati”, per essere poi immessi nel mercato parallelo dell’usato, con la realizzazione di ingenti guadagni.
Il Gip ha evidenziato l’esistenza di “… un sofisticatissimo meccanismo delinquenziale che si estrinsecava in diverse fasi, ideate ed eseguite con precisione chirurgica e con elevatissima professionalità …”.
La falsificazione dei documenti
Nel dettaglio, venivano dapprima formati e utilizzati documenti falsi (falsa carta di circolazione, falsi contratti di acquisto, false schede tecniche dei veicoli) per potere immatricolare in Italia un’autovettura estera, apparentemente di provenienza lecita.
La nazionalizzazione, mediante falsa documentazione, poteva avvenire anche prima della commissione del furto stesso. In questo caso l’immatricolazione aveva ad oggetto una autovettura di fatto non ancora esistente (ciò è reso possibile anche per la mancanza della c.d. “visita e prova” del veicolo da parte della Motorizzazione). La nazionalizzazione, in questi casi, diveniva prodromica al successivo furto e serviva a “preparare” la nuova identità da assegnarsi alla autovettura, una volta materialmente rubata.
L’immatricolazione veniva effettuata in Italia utilizzando un codice V.I.N. (Vehicle Idetification Number) di altra autovettura possibilmente ancora circolante in territorio estero, della stessa marca e dello stesso modello di quella che era stata rubata o che sarebbe stata rubata in futuro.
Nel caso in cui gli indagati non avessero avuto ancora la disponibilità materiale dell’auto, veniva, quindi, creata ad hoc l’identità documentale di una autovettura Toyota “fantasma” con l’acquisizione di targa e libretto di circolazione italiani.

Clonazione auto

Prima o dopo la illegale immatricolazione, veniva eseguito, di solito in uno stato estero e con precisione chirurgica, il furto di altra autovettura Toyota della stessa marca e modello di quella immatricolata attraverso la falsa documentazione (modelli Rav 4 o Lexus).
Una volta acquisita la materiale disponibilità del veicolo, iniziava la fase della vera e propria “clonazione” dell’autovettura rubata, tramite la punzonatura, con tecniche sofisticate, del numero di telaio, in modo da farlo coincidere con quello del veicolo immatricolato in Italia attraverso la falsa documentazione.
Conclusa l’operazione di “maquillage”, il veicolo rubato, con la sua nuova identità, veniva immesso sul mercato parallelo dell’usato, così ottenendo ingenti guadagni illeciti provenienti dalla vendita.
Sequestrate cinque autovetture (n. 2 Toyota Rav 4 e n. 3 Toyota Lexus) e effettuato il sequestro preventivo di altre nove auto Rav intestate agli indagati, sul presupposto che alcuni di essi avevano dichiarato redditi bassissimi, pur risultando intestatari di autovetture Toyota di alta gamma.

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