Si terrà stasera, alla fine, il vertice di maggioranza con cui Lombardo e gli alleati dovrebbero stabilire nuovi avvicendamenti nella giunta. Continuerà il basso cabotaggio del governo tecnico? Sarà un governo politico? Un governo tecno-politico? Un governo tecnico con integrazioni politiche? Il dibattito ci appassiona fino a un certo punto. Noi vorremmo un governo, uno qualunque andrebbe bene, purché si governi. La spinta riformista della giunta siciliana – se mai c’è stata – si è definitivamente appannata. I bisogni della Regione rimangono sullo sfondo. Emarginati, non discussi. L’argomento che tiene banco è la ventura sfida elettorale di Palermo, insieme col profilo e gli equlibri della nuova cabina di regia.
Insomma, si discute del peso regolamentare delle brioches, mentre il popolo muore di fame. La situazione di Palermo, poi, è addirittura paradossale. Il bilancino delle alleanze e dei candidati è sul tappeto da tempo. Gli alchimisti litigano sulla formula e sulle modalità. Meglio le primarie, o no? Meglio il Terzo Polo, o no? Orlando sì, Orlando no (vecchia formula cara al Pd, quando aveva un altro nome)) Faraone, o no? Nel frattempo, per esempio, i veri problemi di Palermo giacciono dimenticati in un angolo, per senso di propaganda e di opportunità. Nessuno si occupa del presente della comunità. Al futuro, al futuro radioso. E ogni giorno qualcuno rimane sotto le macerie dello sfacelo e dell’assenza di scelte amministrative coraggiose.
Anche la Sicilia soffre di una pericolosa sindrome palermitana. Tutti alla finestra, con l’orologio in mano, per contare i minuti che mancano al crollo di Berlusconi, in modo da potere compiere gesti e rituali al tempo giusto. Ma il cuore sanguinante di una regione sventurata è uscito di scena. Non ce n’è traccia nella favella dei nostri politici che, per la verità, sono stati recentemente afflitti da una grave preoccupazione: che cravatta mi metto per non sfigurare col Presidente Napolitano?