CATANIA – Anna Maria Atria e l’associazione nazionale antimafie Rita Atria hanno chiesto alla Procura di Roma, e per conoscenza alla Procura generale, “la trasmigrazione della istanza di riapertura delle indagini riguardante la morte della giovanissima testimone di giustizia, avvenuta in circostanze mai adeguatamente chiarite a Roma nel 1992, dal registro delle notizie non costituenti reato al registro delle notizie di reato contro ignoti“.
L’atto è stato depositato dal loro legale, l’avvocato Goffredo D’Antona, del foro di Catania, e, spiega il penalista, è “propedeutico all’avocazione delle indagini preliminari da parte del Procuratore generale di Roma, in caso di perdurante inerzia da parte della Procura”.
Cosa potrebbe cambiare
“Allo stato attuale, infatti – sottolinea l’avvocato D’Antona – l’iscrizione al registro delle pseudonotizie di reato dell’istanza di riapertura delle indagini presentata dall’avvocato della sorella di Rita Atria nel giugno del 2022, oltre a essere processualmente non corretta, non consente un’indagine approfondita degli elementi che gettano luce su omissioni e criticità di chi aveva la responsabilità di gestire la protezione della giovane testimone di giustizia che si era affidata al giudice Paolo Borsellino“.
Nell’istanza presentata dall’avvocato D’Antona si mettono in evidenza gli “indizi che valorizzano questa tesi: dall’inspiegabile assenza di impronte digitali nell’alloggio da cui si sarebbe gettata Rita alla sparizione di una rubrica telefonica presa da un ignoto commissario di polizia, fino all’orologio da uomo fotografato subito dopo il tragico evento ma non sequestrato e non repertato”.
I nuovi elementi
E poi “tanti altri elementi evidenziati nell’esposto e da altre due integrazioni al Pm”. Ad accrescere i dubbi sulla morte della testimone di giustizia, si sottolinea, è anche “una recente consulenza medico legale che ha ricostruito il tasso alcolemico nel corpo della giovanissima Rita in misura incompatibile con alcuni elementi emersi dai rilievi dei Carabinieri del Ccis”.
“Adesso – afferma l’avvocato D’Antona – la palla passa alla Procura di Roma, alla quale spetta il delicato compito di ricercare la verità per una vulnerabile minore che per la giustizia ha dato la propria vita”.