(rp) Una volta, Maurizio Zamparini mi disse che voleva compiere opere buone, nella parte restante del suo cammino. Voleva fare cose belle per la sua anima. Disse proprio così: “La mia anima”. E io, nell’ascoltarlo per un’intervista da consegnare a “Il Palermo”, pensai a uno scherzo, a una comunicazione sbagliata, a un difetto di pronuncia del telefono. Un imprenditore con siffatti grilli? Infatti chiesi: “La sua anima, presidente?”. “Sì – rispose – la mia anima”.
Ora va da sé che l’anima è una faccenda più seria perfino di Pastore. E va da sé che gli uomini con l’anima sono uomini buoni. Io almeno li classifico così: persone con l’anima, magari ispide e tuttavia fornite di un patrimonio inestimabile. E personaggi senz’anima, sassi sulla riva del mare, ciottoli inconsapevoli nel respiro di un’onda incompresa.
Investighiamola, con gli scarsi mezzi della nostra povera ermeneutica, la luce dell’anima di Zamparini Maurizio. Fermiamoci rispettosi sulla soglia e ricaviamo notizie dalla biografia nota. Egli – il Presidente – è una felice contraddizione incastonata nello scrigno cardiaco dei tifosi. Non si ammettono mezze maniche, nè pavide misure. Zamparini, o lo accetti, o ti fa ammattire, sempre amandolo in fondo però. Stimi la sua capacità imprenditoriale, la forza di uno che ha costruito una cattedrale rosanero dove prima biancheggiavano le ossa disseminate in piissimi deserti di buone intenzioni. Il Palermo è una realtà consolidata. Allora che motivo ci sarebbe per strologare a ogni passo contro il tecnico, che è pure una perla di galantuomo? Perché gli anatemi, gli sberleffi, gli schiaffoni a Rossi, preludio di un divorzio sicuro a fine campionato?
Il tifoso e il cronista scafato tentano di venirne a capo a lume di logica. E vanno a sbattere il naso, in perenne scontro sulle pareti scoscese della tetragona mistica Zampariniana. Noi pensiamo che sia sbagliato affrontare il fenomeno in chiave positivista. Si rischia di rimanere all’asciutto di idee. E’ che Zamparini Maurizio è un presidente con l’anima, per l’appunto. Quella ascolta, nell’ordalia delle sue decisioni, e di quella si fida. E chi scrive lo preferisce così, nonostante le curve ardimentose e balzane del bambino felicemente nascosto tra le pieghe del suo cuore.