Roberto Saviano piange in tribunale. È accaduto a margine della lettura della sentenza con cui i giudici della prima sezione penale della Corte d’Appello di Roma hanno confermato le condanne in primo grado a un anno e sei mesi di reclusione per Francesco Bidognetti, figura di spicco del clan camorristico dei Casalesi, e a un anno e due mesi per il suo avvocato difensore Michele Santonastaso.
Un verdetto atteso e accolto con autentico pathos dal giornalista e scrittore napoletano che vive sotto protezione da oltre 20 anni. Nel 2008 Michele Santonastaso diede lettura in aula di un documento minaccioso firmato dal suo assistito Francesco Bidognetti in cui Roberto Saviano e l’allora cronista de “Il Mattino” Rosaria Capacchione venivano indicati “mandanti morali” delle condanne inflitte nel processo “Spartacus”.
Per i giudici del processo di primo grado, si trattò di un tentativo di destabilizzare attraverso pressioni psicologiche e messaggi intimidatori due figure impegnate in prima linea nella lotta alla criminalità organizzata. Una ricostruzione confermata anche in Appello. Il processo “Spartacus” rappresenta una delle più vaste operazioni giudiziarie contro la camorra casertana e ha svelato le trame oscure del clan dei Casalesi.
Roberto Saviano piange e abbraccia il suo legale
Al momento della lettura della sentenza che ha confermato le condanne al boss Francesco Bidognetti e al suo legale Michele Santonastaso, l’aula al piano terra della Corte d’Appello si è lasciata andare ad un applauso spontaneo. Roberto Saviano, visibilmente provato e in lacrime, ha abbracciato il suo avvocato Antonio Nobile.
“Un abbraccio liberatorio atteso dal 2008”, ha scritto il giornalista su Instagram a corredo di un video che documenta il momento. “Grazie! La vostra vicinanza non mi ha protetto dal dolore, ma lo ha reso affrontabile”, ha aggiunto nella didascalia che accompagna una seconda clip.
Una vita blindata non solo fisicamente
Roberto Saviano ha svelato di recente di aver vissuto dei momenti molto bui a causa della sua scelta di vita. Dietro la figura dello scrittore e dell’intellettuale, simbolo della denuncia contro la criminalità organizzata, si cela una vita segnata da una solitudine profonda.
Costretto a vivere sotto scorta da giovanissimo, il giornalista ha pagato un prezzo altissimo per la sua scelta di raccontare l’orrore della camorra: la perdita della normalità, della libertà di movimento e, soprattutto, della vicinanza affettiva. Le stesse relazioni familiari sono state inevitabilmente influenzate da questa condizione.
La sua è una vita blindata non solo fisicamente, ma anche emotivamente, dove la difesa della verità ha avuto come contraltare la rinuncia a ogni forma di intimità. Un isolamento che non fa rumore, ma che scava in profondità.
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