CATANIA – Tutto in fumo. Non solo gli oggetti, i premi, le maglie e le medaglie, ma la fatica e il lavoro che, da anni, gli attivisti dei Briganti portano avanti. E con successo. L’incendio doloso che stanotte ha distrutto la Club house ha lasciato dietro di sé non solo l’odore acre di plastica bruciata e la devastazione, ma anche profondo sgomento tra chi, non senza difficoltà, ha creduto e crede ancora nel progetto. Sgomento ma anche la volontà di rialzare subito la testa. E che parla di “vile attentato”.
Mentre la polizia, la scientifica e i Vigili del fuoco stanno indagando, tentando di ricostruire la dinamica del rogo di stanotte, raccogliendo ogni particolare utile a capire chi e come possa aver incendiato un presidio di sport e legalità, punto di riferimento per i ragazzi di Librino, i Briganti stanno già cercando di capire come poter rimettere in piedi la struttura.
“Un attentato inspiegabile – afferma Piero Mancuso, anima e cuore dei Briganti di Librino. Qualcuno è entrato forzando i catenacci, che al momento non si trovano, ed ha appiccato il fuoco. Distruggendo tutto. Ogni cosa è andata in fumo – prosegue: i libri, tutti i ricordi del club dal 2016 a oggi, le medaglie, le coppe, le maglie, tutta la storia del club, il bar, l’attrezzatura per il terzo tempo, l’area medicale, il defibrillatore”.
E ancora tavoli, sedie, suppellettili. Tutto faticosamente conquistato. “Qui, piano piano abbiamo cercato di sistemare la struttura, aggiungendo sempre qualcosa- prosegue Mancuso. La Club house era un luogo particolare che permetteva a ragazzi di stare insieme, di studiare, di giocare, di fare aggregazione. Oltre a essere una parte fondamentale dell’attività sportiva. Per noi il danno è enorme – sottolinea – sia materiale che immateriale. Le cose rubate si ricomprano, quelle distrutte si ricostruiscono, la memoria è più difficile da recuperare”.
Un atto vile che ha scatenato l’immediata reazione in tutta la città. Che ha già messo in moto la macchina della solidarietà. Perché le necessità, adesso, sono tantissime. “Dobbiamo ricostruire un fondo cassa per ricomprare quello che serve e ripartire subito – evidenzia Mancuso: materiale tecnico, area medica, soprattutto non vogliamo interrompere un percorso che per noi è fondamentale, per avere qui tutte le fasi del rugby, il primo, il secondo e il terzo tempo. Vogliamo ripartire da qui. Siamo ancora colpiti da questo gesto vigliacco al quale non eravamo preparati, né fisicamente né psicologicamente. Ci riprenderemo – rassicura – ma dobbiamo pensare da dove ripartire perché questa non sia la morte della nostra esperienza”.
Un lavoro, quello portato avanti dai Briganti, conosciuto, riconosciuto e apprezzato dalla città, dunque. “Ripartiremo dalla solidarietà – continua Mancuso: chiederemo per l’ennesima volta un aiuto concreto a chi crede che questo presidio, in questo quartiere, in questo punto, vada al di là dello sport, dell’attività fisica, rappresentando un modo diverso di concepire l’aggregazione e l’emancipazione di un luogo”.
I Briganti ripartiranno, dunque, dallo stesso punto. Ma resta l’amaro per un atto vile, vigliacco, “infame” dice Mancuso, e soprattutto inaspettato. Non è la prima volta che la struttura è presa di mira, ma è la prima che viene devastata. “Siamo stati presi alla sprovvista. E’ vero che non è la prima volta che questo posto viene aggredito: ma le altre volte non c’è stata intimidazione, come in questo caso. Questo è un attentato, non è un furto. Qui l’idea è quella di distruggere, non di dare fastidio”. Una cosa completamente diverso da quello che è successo in passato.
“Qui c’è una persona che ha saputo manomettere i lucchetti, ed è entrato con l’idea di distruggere tutto. L’obiettivo era questo. Perché non lo sappiamo, non sappiamo se il lavoro che stiamo facendo sul territorio dia fastidio a qualcuno, non sappiamo se politicamente diamo fastidio, noi non lo sappiamo, anche perché da due anni non è successo più nulla. Noi siamo nel quartiere da vent’anni e sappiamo per esperienza riconoscere determinati segnali e messaggi: questi non ci sono stati. Per questo siamo stati presi un po’ alla sprovvista. Non abbiamo alcuna certezza, ma solo dubbi. Speriamo che chi è stato possa essere assicurato alla giustizia – conclude – persone che hanno fatto un gesto infame nei confronti della comunità che vive qui”.
Infine, un appello al presidente Mattarella che martedì sarà proprio a Librino. “Il cerimoniale deciderà il percorso ma sarebbe bello partisse da qui. Noi a maggio abbiamo avuto la visita della presidente della Camera Boldrini che conosceva questa esperienza ed ha voluto vederla. Io penso che potrebbe passare anche il Presidente della Repubblica per vedere Catania da questa angolazione, dalla nostra angolazione. Intelligenza è anche cambiare percorso. Noi non abbiamo bisogno di dichiarazioni o della visita di un presidente o di un amministratore. Qui c’è bisogno di compattare un fronte di sostegno e solidarietà. Quello attraverso sul quale lavoriamo e dal quale vogliamo ripartire. Bene le visite le istituzionali, che servono per testimoniare e nient’altro.
Sul fronte delle indagini, si continua a lavorare. Secondo i rilievi effettuati dai vigili del fuoco che confermano la natura dolosa del rogo per via della presenza di più di un focolaio, le fiamme si sarebbero sprigionate dalla cucina e dalla libreria, poste alle estremità della struttura. Probabilmente accelerate da un liquido infiammabile. A supporto di questa ipotesi, ci sarebbe anche la forzatura di uno dei cancelli d’ingresso, come dimostrerebbe la catena apparentemente tranciata con una tronchesi.
Sempre stanotte, lungo il viale Moncada, sono stati incendiati quattro cassonetti e alcuni pali della luce. Da questa strada dovrebbe passare il corteo presidenziale.