PALERMO – Roma chiama Palermo. Gli strascichi del voto che ha portato alla riconferma di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica potrebbero avere non poche conseguenze sullo scacchiere siciliano. Un effetto domino dagli esiti imprevedibili.
Musumeci attende la benedizione di Meloni
Il centrodestra esce a pezzi dal voto romano come certificato dalla leader di FdI, Giorgia Meloni, che rimane isolata ma pronta a capitalizzare in termini di consenso il ruolo d’opposizione al governo Draghi. Una segregazione che riguarda anche il presidente Nello Musumeci che, in occasione degli incontri romani della scorsa settimana, aveva intavolato proprio con Fratelli d’Italia un’intesa, una golden share importante nella guerra di posizione intestina al centrodestra. Il quadro è oggettivamente complesso ma potrebbe subire oggi stesso una accelerazione. Potrebbe infatti arrivare la benedizione romana (in salsa meloniana) sulla ricandidatura di Musumeci, un modo per giocare d’anticipo. Difficilmente Lega e Forza Italia, però, staranno a guardare soprattutto dopo lo scombussolamento dei giorni scorsi. E starebbero già studiando delle contromosse.
Il nodo della giunta e le amministrative di Palermo
Rimane per il momento congelato “l’affaire rimpasto”. L’ipotesi che va per la maggiore tra i corridoi palermitani è quello di piccoli ritocchi (quasi indolore) ma nessuno stravolgimento. Ad esempio Roberto Lagalla potrebbe essere sostituito se riuscisse ad ottenere il via libera per correre a Palermo come candidato sindaco. “Tenere il centrodestra unito e ricomporre le ragioni dello stare insieme” si dice in casa autonomista (l’unica formazione che deve ancora confrontarsi con Musumeci per la verifica sullo stato di salute della coalizione). Un modo prudente per capire come si metteranno le cose nei giorni in cui, complice il voto quirinalizio, il sogno del grande centro torna a dominare le suggestioni di non pochi attori politici. Noi di centro, Coraggio Italia, Noi con l’Italia, pezzi di Forza Italia e Italia Viva starebbero lavorando a questo. Il banco di prova sarà il voto per le comunali di Palermo (antipasto delle regionali), ma la situazione rimane abbastanza stantia a tutte le latitudini. I calendiani si dicono invece disinteressati a questo esperimento e concentrati sulla federazione con + Europa. Al netto di tutto, il modello Draghi in salsa sicula troverebbe l’ostacolo di non poco conto della legge elettorale regionale senza il doppio turno che, nei fatti, scoraggia corse solitarie e privilegia alleanze e coalizioni robuste.
Centrosinistra: tutti i nodi
E se la galassia di centrodestra piange, quella di centrosinistra non mostra esattamente un sorriso smagliante. Soprattutto sotto il vessillo pentastellato. La disputa tra Conte e Di Maio e la questione irrisolta della nomina del referente regionale gettano il Movimento nel caos e spingono più di un protagonista siciliano a rivendicare l’autonomia del territorio nelle scelte da portare avanti. Il Pd, nel frattempo, si porta avanti con il lavoro. Oggi pomeriggio è stata convocata la segretaria regionale allargata ai deputati regionali e nazionali per cercare di trovare la quadra. Molto dipenderà dalle mosse degli avversari. Eventuali grosse coalizioni potrebbero non trovare il favore di una larga fetta dell’elettorato classico, il sogno nel cassetto rimane quello di spaccare il fronte opposto e fare da calamita per pezzi di mondo centrista allargando il campo quanto più possibile. Ma sul nome e sulle modalità di scelta del candidato si rischia di inciampare.