Salamone, altri 6 mesi di indagini |Il Gip respinge l'archiviazione - Live Sicilia

Salamone, altri 6 mesi di indagini |Il Gip respinge l’archiviazione

Il legale della famiglia di Valentina, l'avvocato Dario Pastore che si era opposto all'archiviazione, commenta: "Ora siano individuati gli assassini". La sorella Claudia: "Siamo soddisfatti".  La difesa: "Decisione scontata"

CATANIA – Ancora un colpo di scena nel caso della morte di Valentina Salamone. Il Gip Francesca Cercone ha concesso un supplemento di indagini alla Procura Generale. Gli inquirenti e i carabinieri avranno altri 6 mesi per fare luce sui responsabili dell’omicidio della 19enne biancavillese, trovata impiccata in una villetta nelle campagne di Adrano il 24 luglio nel 2010. Il Giudice ha quindi respinto la richiesta della Procura generale che aveva chiesto l’archiviazione per l’indagato Nicola Mancuso, accusato in concorso di omicidio. Un’inchiesta partita dopo che era stata chiesta l’archiviazione del caso come suicidio: dopo le sollecitazioni della famiglia e gli appelli del padre la Procura generale ha avocato l’indagine culminata con l’ordinanza di custodia cautelare per Mancuso. L’adranita finì in carcere a marzo del 2013 e fu scarcerato ad ottobre dello stesso anno per decisione del Riesame dopo un annullamento con rinvio da parte della Cassazione. L’indagato attualmente è dietro le sbarre per droga: è stato arrestato dalla polizia nell’ambito dell’operazione Binario Morto per traffico di cocaina ed eroina.

Il legale della famiglia Salamone, l’avvocato Dario Pastore, aveva presentato opposizione alla richiesta di archiviazione della Procura Genarale. Il Gip, dunque, ha rigettato la richiesta di archiviazione ed ha accolto l’opposizione della difesa della parte offesa. Il Gip Cercone ha ordinato alla Procura Genarale di compiere altre indagini così come richiesto dall’avvocato Pastore nel corso dell’udienza in cui si discuteva proprio dell’archiviazione per Nicola Mancuso. Saranno, dunque, disposti nuovi accertamenti sui vari reperti trovati sulla scena del crimine dai carabinieri: in particolare sulla maglietta di Valentina e sulla scarpa. I Ris infatti hanno analizzato solo la suola e non altre parti della calzatura dove secondo i legali della famiglia vi sarebbero altre tracce biologiche che necessittano di ulteriori approfondimenti.

La prova cardine, lo ricordiamo, era stata la traccia di sangue trovato sotto la calzatura indossata da Valentina in quella maledetta serata: un party con cocaina e alcol che terminò con la macabra scoperta del cadavere della 19enne attaccato ad una corda. Prova del dna che è stata protagonista di un incidente probatorio e di una relazione da parte di super periti nominati dal Gip che però non ha collimato con i risultati dell’esame del Ris e la compatibilità tra quelle tracce e il dna dell’indagato Nicola Mancuso. Una relazione quella dei periti del Gip confutata, oltre che dai Ris, anche dal consulente della famiglia Salamone, l’ex generale del Ris Garofano che ha affermato come “il sangue sulla scarpa di Valentina appartiene a Nicola Mancuso”.

“Siamo molto soddisfatti – è il commento a caldo di Claudia Salamone, sorella di Valentina – il giudice ha ritenuto opportuno non chiudere il caso ed ha accettato tutte le richieste. Adesso toccherà agli investigatori approfondire alcuni punti su cui non c’erano stati i dovuti accertamenti. Insomma – conclude – questa decisione ci lascia soddisfatti”.

“Decisione che ci aspettavamo – afferma il difensore della famiglia Salamone, l’avvocato Dario Pastore – ora aspettiamo solamente che vengano individuati gli assassini di Valentina e che vengano assicurati alle patrie galere, perchè è così che deve essere”.

“Decisione scontata – dichiara l’avvocato Rosario Pennisi, uno dei due difensori di Mancuso insieme al legale Salvo Burzillà – in quanto più volte il Gip aveva manifestato il suo convincimento. Tecnicamente non avevamo strumenti per la ricusazione. Siano certi che questi accertamenti siano assolutamente inutili e difficilmente eseguibili e che comunque, semmai, serviranno ulteriormente a dimostrare l’estraneità del nostro assistito”.


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