“Ancora una volta la Giustizia ha trionfato”. Questo il commento a caldo di Claudia Salamone, sorella di Valentina, alla lettura della sentenza che ha decretato la conferma della condanna di Nicola Mancuso all’ergastolo. Il verdetto della Corte d’Assise d’Appello, presieduta da Elisabetta Messina, è arrivato intorno alle 13,30. L’adranita è finito alla sbarra per omicidio: è accusato di aver ucciso la giovane biancavillese trovata morta, legata a una corda come se fosse impiccata, in una villetta nelle campagne di Adrano nel 2010.
Il processo di primo grado – che si è concluso con la pena più dura – si è aperto dopo una lunga indagine dei carabinieri di Catania e dei Ris di Messina. coordinati dal sostituto procuratore Sabrina Gambino (oggi procuratrice di Siracusa). La Procura Generale ha “avocato” l’inchiesta, dopo che in un primo momento stava per essere archiviata come suicidio. Ma i rilievi tecnico-scientifici e soprattutto gli esami del Dna hanno portato a chiudere il cerchio su Nicola Mancuso, l’adranita con cui Valentina avrebbe avuto una relazione. Infatti i Ris hanno trovato tracce di sangue sulla suola della scarpa della giovane donna e inoltre, molti, dubbi sono sorti ritornando sulla scena del crimine anche sulla reale possibilità (come il nodo alla corda e l’altezza dalla trave al pavimento) che la 19enne potesse essere morta impiccata.
La Corte d’Assise d’Appello ha dunque accolto la richiesta formulata dalla pg Maria Concetta Ledda al termine delle requisitoria. Richiesta condivisa anche dall’avvocato Dario Pastore che assiste sin dal 2010 la famiglia Salamone. Undici anni dopo è arrivato il secondo epilogo giudiziario, ormai manca solo l’ultimo scoglio. Il terzo grado di giudizio.
E infatti non si arrende l’avvocato Rosario Pennisi, che insieme a Salvatore Burzillà difende Mancuso, che annunciando ricorso per Cassazione commenta: “Aspettiamo con grande curiosità di leggere la motivazione della sentenza emessa in violazione delle più elementari regole sulla valutazione della prova”.