PALERMO – La questione è giunta anche tra gli scranni di Montecitorio. In una maniera insolita, sotto certi aspetti. Perché a sollevare il “caso” dei pronto soccorso siciliani è stata una deputata laziale, l’ex governatrice Renata Polverini: “Venga mandato l’esercito negli ospedali dell’Isola” ha chiesto. La parlamentare di Forza Italia ha infatti presentato una interrogazione rivolta ai ministri di Salute, Difesa e Interni, sulla scia della vicenda che ha visto Rosario Puleo, un medico del “Vittorio Emanuele” di Catania vittima, la notte di Capodanno, di una violenta aggressione all’interno della struttura sanitaria.
“Il grave fatto – scrive la Polverini – è uno dei numerosi casi di violenza registrati nella sola città di Catania, dove personale medico e paramedico è stato malmenato ed insultato perché ha svolto correttamente e coscienziosamente il proprio lavoro; è ancor più eclatante – aggiunge – l’escalation degli episodi in questione che, negli ultimi mesi del 2016, si sono verificati con una frequenza maggiore in più punti di emergenza della rete ospedaliera catanese, ma anche in altre strutture dislocate in tutta la regione siciliana ed, in particolare, nelle città metropolitane”.
E qualche numero lo fornisce in una nota il gruppo parlamentare del Movimento cinque stelle che parla di “47 casi di violenza in 5 anni, 15 solo nel 2016”. Il Movimento, così, chiede all’assessore Gucciardi “azioni immediate e forti per correre ai ripari”. “I dati in nostro possesso – afferma il deputato Francesco Cappello, componente della commissione Salute di palazzo dei Normanni – fotografano una situazione preoccupante e in costante peggioramento, se si pensa che nel 2012 c’è stata solo un’aggressione e 4 nel 2013. Di certo bisogna correre ai ripari. La commissione Salute – aggiunge – ha assunto l’impegno di audire i dirigenti dei pronto soccorso di tutta l’isola, ma se non lo farà in tempi accettabili, andremo noi ad ascoltarli”.
Ma una raccomandazione a monitorare i casi di violenza e ad assumere iniziative per scongiurarli era stato lo stesso Ministero della Salute addirittura dieci anni fa, con una nota assai articolata che sarebbe stata, sostanzialmente ignorata dalle aziende sanitarie negli ultimi anni, almeno secondo il sindacato dei medici ospedalieri Cimo che ha depositato in Commissione Sanità all’Ars un corposo dossier con numeri e dati che fotografano lo stato di crisi dei pronto soccorso. L’audizione richiesta dal sindacato, si è tenuta ma non c’era il governo e neanche di molti deputati della commissione.
In quel report, il Cimo prova a illustrare i motivi veri alla base dei fatti di violenza negli ospedali siciliani. E prova a sgombrare il campo da qualche luogo comune. Per sintetizzare, la violenza a volte – esclusi casi specifici – è il frutto di una inefficienza generale del sistema che determina il sovraffollamento. Un sovraffollamento a sua volta provocato dalla gestione non ideale dei ricoveri.
Di ieri, ad esempio, è la notizia di una aggressione nei confronti di una dottoressa e un’infermiera, picchiate da due donne, suocera e nuora, al pronto soccorso del Civico. Di pochi giorni fa, invece, la reazione violenta nei confronti dei medici dell’Ismett, dopo la morte di una donna. A capodanno, come detto, quella che il Cimo ricorda come la “vile ed efferata aggressione subita dal dottor Rosario Puleo, reo di avere adempiuto rigorosamente ai propri compiti istituzionali”.
Secondo il sindacato, “il sistema pronto soccorso, così come è concepito oggi, e come forse si ha interesse che venga percepito, è soprattutto un ammortizzatore sociale. Nulla a che vedere con la vera “mission” di una struttura dedicata alla gestione delle emergenze/urgenze, ma piuttosto un luogo dove far confluire la domanda di salute insoddisfatta, dove vicariare le inefficienze di un sistema territoriale non in grado di fare filtro”.
Il vero problema, come detto, secondo i medici ospedalieri è il sovraffollamento dei pronto soccorso che a sua volta è dovuto al “blocco dell’uscita, cioè l’impossibilità – si legge nel dossier – di ricoverare i pazienti nei reparti degli ospedali per indisponibilità di posti letto, dopo il completamento della fase di cura in Pronto Soccorso; si tratta pertanto – prosegue il report – di un problema dei sistemi sanitari che si manifesta nei dipartimenti di emergenza, ma trova le sue origini all’esterno di essi . Tale situazione – prosegue il dossier – dà origine al cosiddetto fenomeno del ‘boarding’ che può essere definito come la permanenza inappropriata in area di emergenza di pazienti in attesa di ricovero, con elevati bisogni assistenziali ed in grado di assorbire notevoli risorse umane, logistiche ed organizzative, che dovrebbero più opportunamente essere dedicate alle attività di front line”.
E nel dettagliato report ecco anche, come detto, dati e numeri che fotografano la grave situazione dei Pronto soccorso siciliani. È quello del Civico il presidio col maggior numero di accessi annui: quasi centomila. A seguire il Vittorio Emanuele di Catania, teatro proprio della recente aggressione a un medico che si era rifiutato di rivelare le generalità di una donna, poi Villa Sofia a Palermo, il Cannizzaro di Catania, il “Cervello” sempre nel capoluogo e l’Umberto I di Siracusa. Sono questi i Pronto soccorsi più affollati.
Un intasamento che è legato in particolare a quelli che il sindacato considera “Drg inappropriati prodotti da ricoveri programmati”. Insomma, ricoveri che non sarebbero stati né necessari né utili ma che avrebbero finito per “occupare” quei posti letto necessari per smaltire l’affollamento dei Pronto soccorso. Un meccanismo difettoso, reso più grave dai recenti tagli degli stessi posti letto: settantamila negli ultimi dieci anni, spiega il Cimo. “E’ questa la principale causa di quanto accade oggi”. Mentre da Roma pensano ad altre soluzioni, come “l’avvio temporaneo – si legge nell’interrogazione della deputata Polverini – dell’operazione ‘Ospedali sicuri’, assegnando personale militare appartenente all’Esercito italiano alle postazioni di vigilanza dei Pronto soccorso della regione siciliana”. L’esercito. Anche in corsia.