Rabbrividiamo, una volta di più, nell’ascoltare quell’audio. Il sentimento dell’orrore ha un suono agghiacciante. Scorrendo il dialogo tra Sara Campanella, vittima di femminicidio, e il suo assassino, Stefano Argentino, si inciampa nella morsa gelida di una violenza annunciata.
Sara – che bella la sua voce, fresca e già piena di maturità – fa presente i suoi sacrosanti diritti di donna libera. Vuole essere lasciata in pace da una visione a senso unico, immersa nella morbosità. Qualcosa che serra alla gola. Che toglie il respiro. Si percepisce con nettezza.
Non può esserci perdono
Il carnefice non sente ragioni. Inchiodato alla sua idea fissa la trasforma in una trappola vischiosamente odiosa, nell’abiezione per cui non c’è perdono. Infatti, non può esserci, umanamente, perdono.
No, non può esserci nemmeno un frammento di perdono per chi ha estirpato un fiore inestimabile, lasciando appena ventidue anni di ricordi e strappando le foto di un futuro che sarebbe stato un inno all’esistenza, nel suo senso più pieno.
Abbiamo ripreso lo sgomento di tutti, in giorni che non avremmo voluto. Siamo stati nelle piazze e abbiamo colto la paura delle giovani donne, delle studentesse. Hanno ragione: dietro ogni chat, nascosto nell’indecifrabilità di qualunque sguardo, può nascondersi un omicida.
La nostra Monica Panzica ha raccontato la storia di Selenia, quasi assassinata dal suo ex a Belpasso, e della paura sempre rappresa intorno all’esistenza. Un guizzo che accompagna le persone indifese, perseguitate da un uomo violento, costrette a vivere con il cuore in gola.
La paura delle donne
Nel nome di Sara e delle sue sorelle di martirio, ecco l’impegno solenne che va rispettato. Facciamo in modo che non ci siano anime imprigionate nel terrore.
Realizziamo una profonda rivoluzione, combattendo i semi delle violenze ovunque si annidino, perfino sui social, rimettendo al centro, con il resto, la necessità di parole e pensieri meno ripugnanti. Chi non ha ancora cominciato, cominci adesso.
Promettiamoci che non ritarderemo in questo proposito, neanche un minuto. Ricordiamolo come una ossessione imprescindibile: noi vogliamo che le donne, meravigliose e libere, non abbiano più paura. Mai più.