CATANIA – Non ci saranno nuovi rinvii, sospensioni né ulteriori schermaglie procedurali. Il caso di Sarah, nel bene o nel male, si chiuderà in primavera. Il giudice Rosario Crupi ha deciso che il futuro della ventenne, nata e cresciuta a Catania ma rapita dal padre e trascinata in Tunisia quando aveva solo 7 anni – e poi a sua volta scappata dal Paese nordafricano per tornare qui dalla mamma e dai suoi tre fratellini – si deciderà l’8 maggio.
La causa, ha scritto il giudice, “appare matura per la decisione”. Quel giorno sono in programma la “precisazione delle conclusioni” e la discussione orale.
Le parti “in causa”
Da una parte ci sono gli affetti e i sogni di questa ragazzina, che chiede solo ciò che dovrebbe essere normale. Chiede di restare a vivere con la sua famiglia. Chiede di non essere rispedita in quel paese da cui è fuggita, rischiando la vita in mare, accettando di avventurarsi in mare con un barcone, con gli scafisti, per approdare a Pantelleria, il 25 agosto scorso.
Dall’altra ci sono dei rappresentanti dello Stato italiano. C’è un decreto di espulsione emesso dal questore di Trapani. C’è un’altra parte costituita nel giudizio, ovvero l’avvocatura dello Stato. Per loro non c’è nulla da fare: Sarah è irregolare e deve lasciare l’Italia.
La soluzione “umanitaria”
Secondo l’avvocato Giuseppe Lipera, che assiste questa ragazza e i suoi affetti più cari, la vicenda richiede una soluzione “innanzitutto umanitaria”. “Considerare questa ragazza come se fosse una straniera è una “decisione che suscita indignazione, perché viola le leggi del diritto naturale”. “Il suo caso non è contemplato da alcuna normativa, per questo occorre una soluzione basata sul buon senso e sull’umanità”, prosegue l’avvocato Lipera.
“La madre di Sarah ha atteso il ritorno della figlia per anni, cercando invano di riunire la famiglia, mentre i molteplici tentativi di riavere sua figlia sono stati ostacolati dalle complessità burocratiche dell’ordinamento giuridico italiano”, prosegue.
Il caso
“Mentre l’Italia tutta è invasa da migliaia di persone irregolari e clandestine, la situazione di Sarah è ben diversa e richiede adesso un intervento immediato e compassionevole – conclude il legale -. È fondamentale garantire i suoi diritti umani e il suo benessere, considerando il suo legame con la città di Catania e la sua famiglia. La comunità esige una soluzione equa e giusta per Sarah, che le consenta di rimanere nel luogo che chiama casa e di continuare a vivere con la sua famiglia (la mamma e i tre fratelli)”.